Discriminazione razziale, aggravante della finalità di discriminazione od odio razziale, Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 novembre 2020 – 7 gennaio 2021, n. 307

Ritenuto in fatto

  1. Con sentenza dell’11 luglio 2019, la Corte di appello di Palermo confermava la sentenza del Gup del Tribunale di Termini Imerese che aveva ritenuto Gi. D’Am. colpevole del delitto di lesioni personali aggravate dalla finalità di discriminazione od odio razziale, ai sensi degli artt. 582, 585 e 604 ter cod. pen., per avere provocato a Fr. Om., colpendolo con un crick, una ferita sul volto giudicata guaribile in giorni 10, in Bagheria il 31 agosto 2018, apostrofandolo, nel contempo, con l’espressione “negro di merda”.

1.1. In risposta ai dedotti motivi di appello, la Corte osservava che:
– erano utilizzabili le dichiarazioni rilasciate dall’imputato il 1 settembre 2018, non essendo lo stesso, fino a quel momento, iscritto nel registro degli indagati e non essendovi ragioni per ritenerlo nella sostanza tale, posto che lo si era escusso solo perché era emerso che egli possedeva un’autovettura dello stesso modello di quella su cui uno degli autori dell’aggressione era, a detta del teste oculare Gu., fuggito, tenendo anche conto che le immagini delle telecamere di videosorveglianza non avevano consentito l’identificazione dei responsabili;

– la ricostruzione del fatto, come descritto dalla persona offesa e dal teste oculare Ga. non consentiva neppure di ipotizzare che il prevenuto avesse agito per legittima difesa; si era, infatti, potuto accertare (grazie in particolare alla deposizione del citato teste) che, dopo una prima colluttazione in cui l’imputato era risultato soccombere alla persona offesa, il primo, dopo avere prelevato il crick dall’auto parcheggiata negli immediati paraggi, avesse colpito il secondo con tale strumento, dal notevole potenziale offensivo (accompagnando l’aggressione con le frasi indicate in imputazione);

– risultava così inattendibile la diversa ricostruzione offerta dall’imputato di avere colpito solo con un pugno e non con il crick;

– erano pertanto inattendibili anche le dichiarazioni dei testi Va., Ma. D’An., Tr. ed Ar., almeno nella parte in cui avevano negato che l’imputato avesse colpito la persona offesa con il crick; irrilevanti erano le dichiarazioni di Ca. e Fa. D’An. visto che erano intervenuti sul posto solo in un secondo tempo;

– sussisteva la contestata aggravante posto che più volte l’imputato si era rivolto alla persona offesa, cittadino straniero, dicendogli che avrebbe dovuto tornarsene a casa ed il teste Gu. aveva colto nelle sue parole anche l’epiteto “negro di merda” (Cass. n. 2630/2018);

– doveva confermarsi il diniego delle circostanze attenuanti generiche in assenza di ragioni di meritevolezza e considerando la gravità del fatto ed i precedenti penali dell’imputato.

  1. Propone ricorso l’imputato, a mezzo del suo difensore, articolando le proprie censure in quattro motivi.
    2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla dichiarata utilizzabilità delle sommarie informazioni rese dal ricorrente il 1 settembre 2018.
    Sul punto, si era già tempestivamente eccepita la violazione degli artt. 63 e 191 codice di rito ma si era erroneamente risposto che, al momento della sua escussione, il prevenuto non aveva ancora assunto le vesti dell’indagato (né formalmente né sostanzialmente).
    In realtà, invece, dall’annotazione di polizia giudiziaria in pari data era emerso che, sia le immagini delle telecamere della videosorveglianza sia la deposizione del teste oculare Gu., avevano consentito di indirizzare le indagini nei confronti del prevenuto.
    Così che, appunto, le s.i.t. rilasciate nell’immediatezza dal prevenuto dovevano considerarsi inutilizzabili.
    2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della scriminante della legittima difesa.
    Si erano ritenuti inattendibili i testi indotti dalla difesa nella parte in cui non avevano riferito che l’imputato aveva colpito la persona offesa con il crick così da doversene dedurre la loro attendibilità sull’ulteriore ricostruzione dell’accaduto. Era poi stata la persona offesa ad avere la meglio e le immagini non avevano ripreso alcun colpo sferrato con il crick.
    La teste D’An. aveva riferito di un’aggressione reciproca. Ed altrettanto aveva fatto gli altri testimoni oculari.
    Inattendibili erano le dichiarazioni dell’amico della vittima, Gu., che non aveva riferito come lo stesso avesse colpito l’imputato.
    2.3. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta aggravante dell’art. 604 ter cod. pen..
    Aggravante che, invece, era esclusa dal fatto che la reciproca aggressione era conseguita alle provocazioni della persona offesa, che non era stata certo aggredita per odio razziale.
    2.4. Con il quarto motivo deduce la violazione di legge ed il difetto di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, avvenuto confermando la statuizione di prime cure senza adeguata motivazione, dovendosi fra l’altro favorevolmente valutare la già ricordata provocazione della persona offesa e la giovane età dell’imputato.
    3. Il difensore della parte civile ha inviato memoria con la quale ha chiesto il rigetto o l’inammissibilità del ricorso con la liquidazione delle spese del grado.
    4. Il Procuratore generale della Repubblica preso questa Corte, nella persona del sostituto Vincenzo Senatore, ha chiesto venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.
1. Il primo motivo è inammissibile per una duplice ragione:
– perché è versato in fatto e non confuta adeguatamente il rilievo della Corte d’appello che aveva osservato come, al momento della sua audizione, non vi erano ancora elementi di riscontro tali da consentire di affermare che proprio l’imputato si fosse posto alla guida dell’autovettura con la quale si era allontanato dal luogo del commesso reato il suo presunto autore;
– perché quando si lamenta l’inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l’incidenza dell’eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l’identico convincimento (ex plurimis Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 23/01/2015, Calabrese, Rv. 262011 pronunciata proprio in tema di dichiarazione autoindiziante), illustrazione che, nell’odierno ricorso, era mancata, dovendosi, peraltro, rilevare come il percorso argomentativo della Corte territoriale non muovesse affatto dalle dichiarazioni del ricorrente, bensì da quelle della persona offesa e del teste oculare Gu..
2. Il secondo motivo è inammissibile perché versato in fatto e, sulla dinamica dell’occorso, la Corte territoriale aveva svolto ampie e non manifestamente illogiche considerazioni.
Aveva fondato, infatti, il proprio convincimento sulle dichiarazioni della persona offesa e del teste oculare che avevano, attendibilmente e concordemente, ricostruito l’accaduto, osservando come dopo la prima fase, in cui la persona offesa aveva prevalso nei confronti dell’imputato (che, alterato dall’alcol, recava disturbo ai presenti), ve ne era stata una seconda in cui l’imputato stesso, recuperato il crick dell’autovettura parcata nei pressi, con tale oggetto aveva colpito la persona offesa.
Così non potendosi configurare alcuna ipotesi di legittima difesa dato che la prima fase si era interamente esaurita e l’iniziativa della seconda era stata del prevenuto con lo scoperto intento di vendicarsi di quanto prima accaduto.
La Corte territoriale aveva congruamente motivato sulla inattendibilità dei testi della difesa posto che costoro non avevano neppure riferito dell’azione lesiva dell’imputato nonostante che la stessa avesse trovato precisa conferma nelle risultanze delle certificazioni sanitarie.
3. E’ manifestamente privo di fondamento anche il terzo motivo, sulla configurabilità, in fatto ed in diritto, della circostanza aggravante prevista dall’art. 604 ter cod. pen., posto che:
– in fatto, sia la persona offesa sia il teste ritenuto attendibile avevano riferito dell’epiteto con il quale l’imputato aveva apostrofato la persona offesa: “negro di merda”;
– in diritto, i precedenti arresti, sul tema, di questa Corte in cui si è ritenuta la sussistenza della ricordata aggravante non solo quando l’azione, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all’esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio e comunque a dar luogo, in futuro o nell’immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori, ma anche quando essa si rapporti, nell’accezione corrente, ad un pregiudizio manifesto di inferiorità di una sola razza, non avendo rilievo la mozione soggettiva dell’agente ( così Sez. 5, n. 13530 del 08/02/2017, Zamolo, Rv. 269712 in cui si era usata l’espressione “nera puttana”; Sez. 5, n. 38591 del 23/09/2008, Vitali, Rv. 242219 in cui si erano profferite le parole: “negro perditempo…”; Sez. 5, n. 38597 del 09/07/2009, Finterwald, Rv. 244822 in cui si era detto “cinghiale bastardo, sporco arabo”; Sez. 5, n. 49694 del 29/10/2009, Rv. 245828, per l’espressione “‘adesso gli dai una gomma negra come lei”; Sez. 5, n. 22570 del 28/01/2010, Scocozza, Rv. 247495 per le parole “sporco negro”; Sez. 5, n. 43488 del 13/07/2015, Macaoni, per le espressioni “marocchino di merda” o “immigrati di merda”).

Conclusioni tanto più valide se si pensa che, in fatto, costituivano una chiara conferma del pregiudizio negativo nutrito dall’imputato nei confronti della persona offesa, l’averla, anche, invitata più volte, con intento ingiurioso, a “tornare nel suo Paese” non potendo, a suo dire, rimanere oltre nel territorio italiano.

  1. Anche il quarto motivo è manifestamente infondato perché la Corte di merito aveva confermato il diniego delle circostanze attenuanti aspecifiche considerando che non vi erano ragioni che le giustificassero e che l’imputato era gravato da precedenti condanne, così da sottrarsi alle proposte censure di legittimità, avendo ancorato il proprio giudizio, quantomeno in relazione al secondo profilo, ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen..
    5. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, versando il medesimo in colpa, della somma di Euro 3.000 alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile che si liquidano nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 alla Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 2.500,00 oltre accessori di legge.