Part time e discriminazione indiretta, Corte di Cassazione, sentenza numero 21801 del 29 luglio 2021

 sul ricorso …. proposto da:

 ………….., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA B 6, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO MARAFFA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALBERTO BISCARO

– ricorrente –

 contro

…………., in persona del legale pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso il cui Ufficio domicilia in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;

 – controricorrente –

nonchè

contro

………………………;

 – intimata –

avverso la sentenza n. 551/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/10/2016 R.G.N. 6001/2015;

 udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/02/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RITA SANLORENZO

visto l’art. 23, comma 8 bis del D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, convertito con modificazioni nella legge 18 dicembre 2020 n. 176, ha depositato conclusioni scritte.

FATTI DI CAUSA

1.Con sentenza in data 18 ottobre 2016 nr. 551 la Corte d’appello di Torino riformava la sentenza del Tribunale della stessa sede e, per l’effetto, respingeva la domanda proposta da …………. dipendente della A E— inquadrata come funzionario di III area Fl— per l’ accertamento della discriminazione indiretta di genere operata dal datore di lavoro nella selezione per la progressione economica alla posizione F2, in ragione del bando pubblicato in data 30 dicembre 2010 ed in relazione al criterio di computo del punteggio per «esperienza di servizio maturata».

2. La Corte territoriale esponeva che il bando, per effetto delle successive note del direttore centrale del personale negli anni 2011/2012, prevedeva che la «esperienza di servizio» venisse calcolata per i lavoratori part time riproporzionando i periodi di servizio alla minore attività lavorativa svolta.

3. In dissenso dal Tribunale, riteneva che la regola non producesse un effettivo svantaggio per i lavoratori di genere femminile, in quanto il criterio del riproporzionamento del punteggio si applicava a tutti i lavoratori part-time, indipendentemente dal genere.

4. Sin dal ricorso introduttivo la parte aveva allegato che dei 303 dipendenti che si erano collocati in posizione utile nella procedura gestita dalla direzione generale del Piemonte solo 14 avevano il contratto part time e che soltanto il 30,62% dei partecipanti con contratto part time aveva ottenuto la progressione rispetto al 55,28% dei partecipanti con contratto a tempo pieno; tali percentuali non erano rilevanti, in quanto configuravano uno squilibrio tra lavoratori part tinge e lavoratori a tempo pieno, prospettiva questa, diversa da quella posta a base della domanda.

5. Nella prospettiva corretta, nell’ambito della direzione regionale Piemonte partecipavano alla procedura 81 dipendenti part time, di cui l’82% donne (67 donne); di questi avevano ottenuto la progressione 33 dipendenti, dei quali il 91% donne (30 donne), il che escludeva la discriminazione.

6. Era pur vero che, nell’ambito del gruppo dei lavoratori part time, le donne escluse dalla progressione erano in numero maggiore degli uomini ma ciò non era l’effetto, diretto o indiretto, del criterio di selezione contestato ma del fatto che all’interno del gruppo dei lavoratori part time le donne erano in percentuale di gran lunga maggiore (oltre 1’80%).

7. Le pretese erano state prospettate unicamente con riferimento alla discriminazione di genere.

8. In ogni caso, poiché le difese della A E riguardavano anche il principio di non discriminazione di cui all’articolo 4 D.Ls nr.61/2000, per ragioni di completezza, il giudice dell’appello escludeva anche la discriminazione in danno dei dipendenti part time, per la legittima applicazione del criterio del pro rata temporis e per la diversità delle situazioni nelle quali le assenze, in forza di legge o per accordo sindacale, erano equiparate dal bando della selezione ad un periodo lavorato.

9.Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza …., articolato in due motivi.

 10. Alla udienza camerale del 26 febbraio 2020, in relazione alla quale la ricorrente depositava memoria, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per la rinnovazione della notifica del ricorso alla A E, invalidamente avvenuta presso l’avvocatura distrettuale dello Stato. All’esito dell’adempimento la A E si è costituita con controricorso; la controinteressata ELISA I è rimasta intimata.

11.La causa è stata fissata per la trattazione in pubblica udienza, in relazione alla quale la ricorrente ha depositato nuova memoria.

12. Il PM ha chiesto accogliersi il secondo motivo di ricorso, respinto il primo

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto — ai sensi dell’articolo 360 nr. 4 cod.proc.civ.— nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ., addebitando al giudice dell’appello la modifica del reale oggetto della domanda, che consisteva nella discriminazione indiretta di genere del criterio selettivo.

2. IL motivo è infondato.

3.La Corte territoriale non ha deciso su una domanda diversa rispetto a quella proposta dalla parte ma si è espressa sulla denuncia di una discriminazione indiretta per genere, che ha ritenuto infondata.

4.Ciò che la parte lamenta nel motivo, in realtà, non è un vizio di attività del giudice, ma, piuttosto, la adozione in sentenza di un erroneo criterio di verifica della discriminazione indiretta e, dunque, un errore di diritto.

 5. Con il secondo motivo la parte ricorrente ha denunciato — ai sensi dell’articolo 360 nr. 3 cod.proc.civ.— violazione e falsa applicazione degli articoli 25 e 40 D.Lgs. nr. 198/2006, dell’articolo 4 D.Lgs nr. 61/2000 e dell’accordo per la procedura selettiva del 22 dicembre 2010 e del 19 aprile 2011. 6. In particolare, si deduce che:

– rientrano nella nozione di discriminazione indiretta— di cui all’articolo 25, comma due, D.Lgs. nr. 198/2006— i criteri di selezione dei lavoratori suscettibili di produrre un effetto sperequato in danno di un genere rispetto all’ altro, nonostante la neutralità del criterio adottato. Sotto questo profilo, l’istituto del part time è collegato in misura preponderante al genere femminile, che se ne avvale quale modalità di lavoro più compatibile con le necessità familiari; pertanto la scelta di ridurre il punteggio per il lavoro part time incideva astrattamente su entrambi i sessi ma realizzava una discriminazione indiretta di genere.

 – il Collegio d’appello aveva ritenuto applicabile la regola del pro rata temporis, di cui all’articolo 4 D.Lgs nr. 61/2000, che aveva ad oggetto i soli istituti economici e non anche la progressione professionale.

– nella sentenza si affermava che in alcuni casi di assenze (aspettativa per mandato elettorale, per dottorato di ricerca o borsa di studio, per permessi sindacali, per servizio militare o nel casi di distacchi) la riduzione dell’esperienza di servizio era esclusa in forza della legge o del contratto collettivo; tuttavia tali norme si riferivano al computo della anzianità di servizio e non anche agli istituti collegati al servizio effettivo.

– contrariamente a quanto affermato nella sentenza impugnata, i parametri della «esperienza di servizio maturata» e dei «titoli di studio, culturali e professionali» non avevano lo stesso peso: il punteggio per i titoli era attribuito una sola volta in base al titolo più elevato; quello per la esperienza aumentava in ragione di ciascun anno di servizio sicché la sua riduzione per il part time non poteva essere compensata dai titoli posseduti.

7.Il motivo è fondato, nei limiti di cui segue.

8. Giova premettere che le censure sono ammissibili nella sola parte in cui colgono la statuizione che ha negato la esistenza di una discriminazione di genere e non anche laddove contestano la statuizione con cui è stata esclusa la discriminazione del lavoro part time.

9.La Corte territoriale ha dato atto che la domanda della lavoratrice vedeva unicamente sulla discriminazione di genere e che la sua insussistenza era decisiva del giudizio; ha tuttavia impropriamente svolto ulteriori ed articolate considerazioni sulla inesistenza di una discriminazione in danno dei lavoratori part time, «per ragioni di completezza», ispirate dalle difese svolte dalla A E.

10.Trattasi, dunque, di motivazione ad abundatiam, che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cassazione civile sez. I, 10/04/2018, n.8755; Cassazione civile sez. lav., 22/10/2014, n.22380 e giurisprudenza ivi citata), essendo priva di alcuna influenza sul dispositivo della sentenza, non può essere oggetto di ricorso per cassazione, per difetto di interesse.

11. Il motivo di ricorso, così delimitato nell’ammissibilità, è fondato.

12.L’ indagine svolta dalla Corte di merito per escludere la discriminazione di genere, che ha valorizzato il fatto che a tutti i dipendenti part time fosse stato riservato un trattamento identico, indipendentemente dal genere, è pertinente alla discriminazione diretta.

13.Nella fattispecie di causa, tuttavia, la lavoratrice non denunciava una discriminazione diretta ma una discriminazione indiretta— caratterizzata proprio dal carattere apparentemente neutro della disposizione censurata e dall’effetto di particolare svantaggio da essa prodotto per i titolari del fattore protetto— sicché la verifica non andava compiuta avendo riguardo al «trattamento» ma all’ «effetto» discriminatorio.

14. In coerenza con la definizione di discriminazione indiretta contenuta nelle fonti interne ed internazionali, l’articolo 25, comma 2, D.Lgs. 198/2006 ravvisa una discriminazione indiretta di genere «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto ai lavoratori dell’altro sesso…».

15. Secondo una costante giurisprudenza della Corte di Giustizia, l’esistenza di detta posizione di particolare svantaggio nella discriminazione indiretta di genere può essere dimostrata provando che una disposizione colpisce negativamente in proporzione significativamente maggiore le persone di un determinato sesso rispetto a quelle dell’altro sesso (tra le tante: Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 in causa C-274/18 Schuch-Ghannadan, punto 45; Corte di Giustizia, sent. 8 maggio 2019, in causa C 161/18, Vi.Vi.La, punto 38; Corte di Giustizia, sent. 12 ottobre 2004 in causa C 313/02 Wippel, punti 43 e 55; Corte di Giustizia, sent.23 ottobre 2003 in cause C 4/02 e C5/02 Schonheit e Becker, punto 69).

16. La sentenza impugnata— dopo avere erroneamente valorizzato il fatto che il criterio di selezione colpiva tutti i lavoratori part time, indipendentemente dal genere— ha verificato l’«effetto discriminatorio», con il criterio dei dati statistici ma all’interno della sola categoria dei dipendenti part-time, giungendo ad affermare che, tra i dipendenti part time, le donne non erano state svantaggiate rispetto agli uomini dal criterio di selezione.

17. Anche in questo caso la metodologia di indagine non è corretta.

18. Al fine di verificare la esistenza di una discriminazione indiretta di genere il giudice, nel caso in cui disponga di dati statistici, deve in primo luogo prendere in considerazione l’insieme dei lavoratori assoggettati alla disposizione di cui si dubita; il miglior metodo di comparazione consiste, poi, nel confrontare tra loro: le proporzioni rispettive di lavoratori che sono e che non sono «colpiti» dall’asserita disparità di trattamento all’interno della manodopera di sesso maschile (rientrante nel campo di applicazione della disposizione) e le medesime proporzioni nell’ambito della mano d’opera femminile (Corte di Giustizia, sent. 24.9.2020 in causa C 223/2019 YS, punto 52; sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 47;sent. 8 maggio 2019 cit., punto 39 ).

19. Nella fattispecie di causa andava in primo luogo individuato l’insieme dei lavoratori destinatari della disposizione. La Corte di merito ha limitato l’indagine ai lavoratori della direzione regionale del Piemonte che avevano partecipato alla progressione economica dal livello Fl al livello F2.

20. La procedura, tuttavia, era stata avviata dalla direzione centrale e non risulta territorialmente limitata alla Regione Piemonte.

21. Inoltre, sempre sotto il profilo dei destinatari, mentre il bando era diretto a tutti i dipendenti della Agenzia delle Entrate in possesso dei requisiti di partecipazione alla selezione, le note successive, degli anni 2011/2012, erano evidentemente rivolte ai soli lavoratori che avevanoeffettivamente presentato la domanda di partecipazione nel termine previsto dal bando. Di qui la necessità di individuare la specifica disposizione censurata come discriminatoria ( se il bando del 30.12.2010 o le note successive, emanate tra il settembre 2011 ed il marzo 2012) e l’ambito completo dei destinatari, anche in relazione ad eventuali progressioni diverse ed ulteriori rispetto a quella dal livello Fl al livello F2 .

22. Una volta individuati i destinatari della disposizione denunciata, il giudice del merito avrebbe dovuto procedere con il metodo comparativo, tenendo conto che i lavoratori «colpiti» dalla disposizione erano tutti i lavoratori part time, ai quali veniva ridotto il punteggio riconosciuto dal bando per ciascun anno di servizio, in proporzione alla riduzione della prestazione oraria.

23. Per applicare correttamente il metodo di comparazione/ il giudice avrebbe dovuto, dunque, individuare, nell’ambito dei destinatari della disposizione, come sopra fissato: in quale percentuale dei lavoratori di sesso maschile vi erano soggetti colpiti (in quanto part time ) o non colpiti (in quanto full time) dalla disposizione ed in quale percentuale delle lavoratrici di sesso femminile vi erano dipendenti colpite (part time) o non colpite (full time) dalla disposizione.

24. All’esito del raffronto tra le rispettive percentuali, l’effetto discriminatorio emergerebbe se i dipendenti part time colpiti dal criterio di selezione fossero costituti in percentuale significativamente prevalente da donne.

25. In detta eventualità, spetterebbe al datore di lavoro provare la sussistenza della causa di giustificazione prevista dall’ articolo 25, comma 2, D.Lgs. nr. 198/2006 ovvero: che la disposizione adottata riguardava requisiti essenziali allo svolgimento della attività lavorativa; che essa rispondeva ad un obiettivo legittimo; che i mezzi impiegati per il suo conseguimento erano appropriati e necessari.

 26. A tale riguardo, l’esperienza di servizio costituisce un requisito essenziale per il riconoscimento della progressione economica, ai sensidell’articolo 82, comma 1, e dell’articolo 83,comma 6, CCNL del Comparto Agenzie fiscali 2002/205. Il sistema di sviluppo economico è, infatti, correlato al diverso grado di abilità professionale progressivamente acquisito dai dipendenti nello svolgimento delle funzioni proprie dell’area e del profilo di appartenenza; tra i criteri oggettivi di valutazione per i passaggi alle fasce retributive successive a quella iniziale figura l’ esperienza professionale maturata.

27. Dunque, l’obiettivo di apprezzare in misura puntale l’ esperienza di servizio è in sé legittimo. Occorre, tuttavia, rammentare, in relazione al giudizio di adeguatezza e necessità dei mezzi impiegati, che, come risulta da giurisprudenza costante della Corte di Giustizia, «l’affermazione secondo la quale sussiste un nesso particolare tra la durata di un’attività professionale e l’acquisizione di un certo livello di conoscenze o di esperienze non consente di elaborare criteri oggettivi ed estranei ad ogni discriminazione. Infatti, sebbene l’anzianità vada di pari passo con l’esperienza, l’obiettività di un siffatto criterio dipende dal complesso delle circostanze del caso concreto, segnatamente dalla relazione tra la natura della funzione esercitata e l’esperienza che l’esercizio di questa funzione apporta a un certo numero di ore di lavoro effettuate» (in termini: Corte di Giustizia, sent. 3 ottobre 2019 cit., punto 39).

28. Il giudice del merito, nell’ipotesi di accertato «effetto discriminatorio», dovrà dunque valutare se nel contesto specifico degli impieghi interessati dalla disposizione ed, in particolare, delle mansioni svolte dalla parte ricorrente, esista o meno un nesso tra l’esperienza acquisita con l’esercizio della funzione ed il numero delle ore di lavoro svolte (Corte di Giustizia, sent. da ultimo citata, punto 40 e punto 50), con onere della prova a carico dell’INPS.

29. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo di ricorso e la causa rinviata alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione affinchè effettui una nuova indagine sull’esistenza della denunciata discriminazione indiretta digenere, anche nell’esercizio dei suoi poteri istruttori ex articolo 437 comma due cod.proc.civ., avvalendosi, in caso di utilizzo del criterio statistico, del metodo sopra indicato.

30. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla disciplina delle spese del presente grado

PQM

 La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, per quanto di ragione; rigetta il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia— anche per le spese— alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, alla udienza del 23 febbraio 2021