Discriminazione, diritto al congedo di paternità come diritto autonomo, Tribunale di Firenze, sentenza 16 Novembre 2009

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

SEZIONE LAVORO

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il dr Giampaolo Muntoni in funzione del giudice del lavoro ha pronunziato la seguente

SENTENZA

Nella causa n. …………….

Promossa da …………

Con l’avv……………

Contro ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del leg. Rapp.te pro tempore

E

Con l’avv………

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E CONCLUSIONI DELLE PARTI

Nel ricorso introduttivo il ricorrente chiedeva accertarsi il proprio diritto al pagamento dell’indennità ex art 28 T.U n. 151/2001 e quindi la condanna dell’INPS alla prestazione, tenuto conto di quanto già percepito. Esponeva di essere coniuge di …… libera professionista, e di essere lavoratore dipendente. In seguito alla nascita della loro figlia ……..(il…..), la madre non aveva chiesto l’erogazione di alcuna indennità (art 68 T.U), atteso il suo cattivo stato di salute, e quindi era stato il ricorrente stesso a chiedere il congedo di paternità. Il ricorrente lamentava però il fatto che l’INPS avesse riconosciuto l’indennità soltanto per i tre mesi successivi al parto nell’importo dell’80% della retribuzione (oltre due mesi al 30%) ma non per il periodo di cinque mesi all’80%, come da lui richiesto, oltre ai 15 giorni per parto prematuro.

L’INPS si costituiva osservando che la madre non aveva presentato alcuna domanda di indennità di maternità per i due mesi antecedenti alla data del parto e cioè dal 20/6/2007 al 20/8/2007 e che, in ogni caso, per tale periodo non risultavano versati contributi nella gestione artigiani /commercianti. Mancava quindi il presupposto fondamentale per l’attribuzione dell’indennità in astratto alla madre e poiché il diritto del padre esisteva solo nei limiti in cui era attribuito alla madre non potevano essere riconosciuti periodi ulteriori rispetto a quello già a lui concessi. Concludeva quindi per il rigetto della domanda.

La causa veniva discussa e decisa in data odierna dal Giudice dando lettura della presente sentenza contestuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’art 28 T.U riconosce al padre lavoratore  Il padre lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Nel caso in esame l’ipotesi che ricorre è quella di grave infermità della madre, come dimostrato da certificazione medica accettata anche dall’INPS.

La circolare dell’INPS n. 8 del 17-1-2003 al punto 10, con riferimento al cit. art 28, recita:

Il tenore letterale della norma sembrerebbe escludere il diritto del padre al congedo in questione nell’ipotesi in cui la madre non sia (o non sia stata) lavoratrice.

Tuttavia, la ”ratio” dell’astensione obbligatoria post- partum vuole garantire al neonato, proprio nei primi tre mesi di vita, l’assistenza materiale ed affettiva di un genitore (vedi sent. Corte Costituzionale n.1 del 19.1.1987).

Qualora, infatti, la richiesta del padre di fruire del congedo di paternità venisse riconosciuta solo subordinatamente al fatto che la madre sia o (sia stata) una lavoratrice, non solo si arrecherebbe un danno al neonato, ma ciò risulterebbe in contrasto con l’ordinanza n. 144 del 16/4/1987 con cui la Corte Costituzionale ha stabilito a proposito della suddetta sentenza n. 1/1987: ”in luogo di lavoratrice madre  leggasi  madre, lavoratrice o meno”

Per tali ragioni, è da ritenere che, in tutti i casi previsti dall’art. 28 del T.U., il padre lavoratore abbia un diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, correlato, quanto alla sola durata,  alla eventuale fruizione del congedo di maternità da parte della madre (ovviamente lavoratrice). In tale ipotesi, la durata del congedo di paternità è pari  al periodo di astensione obbligatoria non fruito in tutto o in parte dalla madre, compresi quindi i periodi di astensione obbligatoria post-partum di maggiore durata conseguenti alla flessibilità e/o al parto prematuro.

La circolare, come si vede, correttamente legge la disposizione dell’art 28 del T.U alla luce dell’ordinanza n.144 del 16/4/1987 della Corte Costituzionale, nel senso che deve essere riconosciuto al padre lavoratore un diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, a prescindere dal fatto che la madre sia o sia stata una lavoratrice, e dunque anche dal di lei diritto al trattamento connesso al regolare pagamento dei contributi nella gestione artigiani/commercianti.

Altrettanto correttamente la Circolare individua, dal punto di vista della durata, l’estensione del diritto del padre correlandolo a quello del periodo di astensione che sarebbe spettato alla madre.

Nel caso in esame, la figlia ….. è nata con parto prematuro e cioè il 20.8.2007 anziché nella dato originariamente prevista per il 3.9.2007.

L’astensione obbligatoria della madre avrebbe dunque dovuto veder aggiungere ai cinque mesi ordinari anche i giorni dal 28.8.2007 al 3.9.2007 (per parto prematuro).

Nei fatti, l’INPS ha riconosciuto al ricorrente un’indennità per un periodo di tre mesi (da agosto a novembre 2007) pari all’80% della retribuzione maturata dal ricorrente nel mese antecedente al parto.

L’istituito ha altresì riconosciuto al ricorrente un’indennità per congedo parentale per i due mesi successivi (dal dicembre 2007 a gennaio 2008) in misura pari al 30% della retribuzione. Ma tale riconoscimento è stato effettuato a titolo diverso da quello di congedo obbligatorio su cui verte la presente causa e peraltro in modo parziale rispetto a quanto previsto dalla normativa in materia. Comunque questo aspetto non tocca la questione dei due mesi all’80% di congedo obbligatorio negato dall’istituto e per cui è causa (oltre 15 giorni per parto prematuro).

Il ricorrente, infatti, domanda che gli sia riconosciuta un’indennità dell’80% per un periodo di cinque mesi, equivalente a quello che la legge riconosce come congedo obbligatorio per maternità (oltre 15 giorni per parto prematuro).

Il giudice ritiene che, ferma l’esistenza di un diritto autonomo in capo al padre, la durata del congedo cui ha diritto deve essere riferita a quella del congedo per maternità cui entrambi i genitori hanno automaticamente diritto.

Nel caso in esame i genitori hanno diritto al seguente periodo di congedo:

  1. 15 giorni per il parto prematuro (periodo che pacificamente deve essere aggiunto a quello del congedo obbligatorio)
  2. Cinque mesi per il periodo di congedo obbligatorio all’80%

Il ricorso deve dunque essere accolto. Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

PQM

Il giudice dichiara il diritto di ………… ad ottenere l’indennità di maternità ex art 28 T.U n. 151/2001 all’80% per la durata di quattro mesi e 15 goiorni di cui in motivazione;

condanna l’INPS a pagare quanto dovuto per il trattamento previdenziale come sopra determinato detratto quanto già pagato al ricorrente per il periodo di cui sopra,

condanna l’INPS al pagamento delle spese di causa che liquida in eur0 1000,00 per diritti, euro 1500,00 per onorari, oltre 12,5% per spese generali, IVA e CPA.

Firenze, 16 novembre 2009