Discriminazione per età, Tribunale di milano, sentenza del 5 ottobre 2010

Tribunale Ordinario di Milano

Sezione Lavoro

 

Udienza del  10.5.10

Repubblica Italiana

In nome del Popolo Italiano

Il Giudice di Milano

Il Dott. N. Di Leo quale giudice del lavoro ha pronunciato la seguente

Sentenza

nella causa promossa

da

F S,         con  gli Avv.ti Gallo  e De Rinanldis, V. dei Bossi 10, Milano.

RICORRENTE

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE  con i dott. Triglia e Furnò ai sensi dell’art. 417 bis cpc, V. Manin 25, Milano.

RESISTENTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso, depositato il 25.1.10, F S  ha adito il Giudice del Lavoro ed ha esposto di essere dipendente dell’AGENZIA DELL’ENTRATE,  con inquadramento nella categoria dirigenziale e che, con lettera del 22.9.09,  gli sarebbe stato comunicato il recesso dal rapporto di lavoro per il raggiungimento dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni  ai sensi dell’art. 72, co. 11,  della legge n. 133/08, come modificato dalla legge n. 15/09 e, da ultimo, dalla legge n. 102/09 del 4.8.09.

La parte attorea ha argomentato l’illegittimità del recesso per la violazione del termine di preavviso di cui al CCNL “dirigenti”, per il fatto che non si dovrebbero contare nei quarant’anni di anzianità quelli oggetto di riscatto contributivo volontario, per la natura discriminatoria in ragione “del fattore di rischio dell’età” della motivazione di risoluzione (in quanto avulsa da questioni organizzative, tecniche o produttive), per la violazione del principio di affidamento e per la mancata consultazione delle Organizzazioni Sindacali per stabilire i criteri applicativi della suddetta norma.

In particolare, l’applicazione di una norma che sarebbe discriminatoria determinerebbe  la violazione dell’art. 3 Cost. e della Direttiva 78/00/CE.

In tal senso, F S ha chiesto l’accertamento della nullità o illegittimità dell’atto di licenziamento, con ordine di mantenere in servizio il dipendente o reintegrarlo (qualora la sentenza venisse pronunciata dopo il 2.6.10, data programmata per la cessazione del rapporto del ricorrente). Con vittoria di spese.

Costituendosi ritualmente in giudizio, con articolata memoria difensiva, l’AGENZIA DELL’ENTRATE  ha contestato la fondatezza delle domande, chiedendone il rigetto. Con vittoria di spese.

Al riguardo, la difesa della resistente ha, in primo luogo, sostenuto la  correttezza delle scelte amministrative in applicazione dell’art. 72, co. 11, della legge n. 133/08, come modificato dalla legge n. 15/09 e, da ultimo, dalla legge n. 102/09 del 4.8.09 che sarebbero state attuate sulla base di criteri precisi e trasparenti.

In particolare, l’Amministrazione avrebbe deciso di intimare il licenziamento, senza distinzione alcuna,  a tutti i dirigenti che avessero il requisito dell’anzianita’ massima contributiva di quaranta anni, attuando, in tal modo, una parità di trattamento e avrebbe giustificato l’esercizio della propria discrezionalità in materia con esigenze di assicurare la piena evoluzione dei modelli organizzativi  e l’ottimale utilizzo delle tecnologie di supporto al rafforzamento della gestione del sistema fiscale che renderebbero necessario il più ampio e rapido ricambio generazionale.

Inoltre, ha argomentato come si dovrebbe rigettare ogni ulteriore tesi attorea, reputando tra l’altro inapplicabile il CCNL cit., non essendo previste deroghe nell’art. 72 cit. a favore della contrattazione collettiva, rilevando come alla fattispecie sarebbe, infatti, applicabile l’art. 2, co. 2, del dlgs. n. 165/01, come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1, legge n. 15 del 2009 e dall’articolo 33, comma 1, decreto legislativo n. 150 del 2009.

All’udienza ex art 420 cpc, tentata inutilmente la conciliazione, non essendo necessaria attività istruttoria, la causa è stata oralmente discussa e decisa come da dispositivo pubblicamente letto.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le domande di parte attrice sono risultate fondate.

Per motivare il dispositivo della presente sentenza, occorre, innanzitutto, osservare come l’art. 72, co. 11, della legge n. 133/08, come modificato dalla legge n. 15/09 e, da ultimo, dalla legge n. 102/09 del 4.8.09 disponga che

per gli anni 2009, 2010 e 2011, le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, possono, a decorrere dal compimento dell’anzianita’ massima contributiva di quaranta anni del personale dipendente, nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 5 del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale, anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi, fermo restando quanto previsto dalla disciplina vigente in materia di decorrenza dei trattamenti pensionistici. Con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata vigore della presente disposizione, previa delibera del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze, dell’interno, della difesa e degli affari esteri, sono definiti gli specifici criteri e le modalita’ applicative dei principi della disposizione di cui al presente comma relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, tenendo conto delle rispettive peculiarita’ ordinamentali. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche nei confronti dei soggetti che abbiano beneficiato dell’articolo 3, comma 57, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, e successive modificazioni. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano ai magistrati, ai professori universitari e ai dirigenti medici responsabili di struttura complessa”.

  1. a) Nell’esaminare la norma, è, innanzitutto, da osservare come astrattamente non appaia porsi in contrasto con la Direttiva 78/00/CE, considerato come l’art. 6 della stessa preveda “che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro”.

Infatti, applicandosi, in relazione all’art. 6 cit.,  il criterio della verifica del “rapporto mezzo a scopo” (cfr., ad es., CGUE, C‑388/07, Age Concern England), si può ipotizzare come l’art. 72, co. 11,  della legge n. 133/08 possa portare all’effetto della realizzazione  di un obiettivo di risparmio di spesa nell’ambito pubblico (tramite la riduzione dei costi, considerandosi di maggior entità lo stipendio del ricorrente rispetto ai minori emolumenti pensionistici che gli spetterebbero o tramite la riduzione degli stessi organici dei dirigenti dell’Amministrazione, del resto prevista dall’art. 74 della stessa legge n. 133/08) e, al contempo, o alternativamente, favorire l’obiettivo dell’assunzione di lavoratori  più giovani, potendo per entrambe le finalità giovare il recesso dal rapporto con lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici.

La previsione appare, quindi, poter essere valutabile come dettata da “giustificati obiettivi di politica del lavoro” ai sensi dell’art. 6 della Direttiva 78/00/CE.

Applicando una verifica di “proporzionatezza tra mezzo e scopo” secondo i principi proposti dalla Corte di Giustizia in relazione all’art. 6 menzionato  (cfr., ad es., CGUE, C‑388/07, Age Concern England), non risulta, dunque, esservi violazione della stessa normativa comunitaria  e, perciò, non vi sono ragioni per sollevare un’eccezione di costituzionalità per violazione dell’art. 117 Cost..

  1. b) Ma ancor di più, la questione non è da sottoporre alla Corte Costituzionale, essendo nel caso ammissibile e doverosa un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma ai sensi degli artt. 3 e 97 Cost..
  2. c) Preliminarmente, però, per entrare nel merito dell’analisi, è necessario osservare come, non essendo prevista alcuna disposizione volta ad escludere la tutela reale di cui all’art. 18 SL per la fattispecie di cui all’art. 72 cit., non si debba ritenere che la norma individui un’ipotesi di recesso ad nutum o “acausale”.

Il che a differenza di quanto, invece, si debba ritenere per l’art. 4 del d.p.r. 29 dicembre 1973, n. 1092, in virtù del quale “gli impiegati civili di ruolo e non di ruolo sono collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di età”.

Infatti, per quest’ultima previsione è chiara la facoltà di recesso ad nutum  per il solo compimento del sessantacinquesimo anno di età  (con collocamento della stessa nell’area del recesso “acausale”) anche in virtù delle statuizioni in materia di “trattenimento in servizio” di cui all’art. 16  del d. lgs. 30 dicembre 1992, n. 503 e di cui all’art. 72, co. 7, della legge n. 133/08 per le quali è solo una “facoltà” dell’amministrazione l’accogliere la relativa  richiesta di “permanere in servizio” del lavoratore in possesso dei requisiti per la pensione di vecchiaia, escludendosi ogni maggior diritto e tutela per il dipendente  (cfr., nello stesso senso, le analoghe norme per la risoluzione ad nutum nell’ambito privatistico  quali l’art. 4, co. 2, della  legge n. 108/90, l’art. 6 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, l’art. 6 della legge 29 dicembre 1990, n. 407 o l’art. 1, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503).

  1. d) Dunque, l’art. 72 cit., essendo sottoposto al regime vincolistico di cui all’art. 18 SL, non si colloca nell’area della “recedibilità acausale” ed è, perciò, a tal punto, necessario verificare quali siano i presupposti legali che legittimino il licenziamento.

Il primo è certamente costituito dal possesso dei quarant’anni di anzianità contributiva, il secondo è rappresentato dall’esercizio da parte dell’amministrazione dei propri poteri discrezionali in modo da poter perseguire l’interesse pubblico.

Con riferimento a tale secondo presupposto, è d’uopo, infatti, osservare come l’art. 72 cit. non imponga, in modo vincolato, ad ogni amministrazione di risolvere i rapporti di lavoro con tutti coloro che abbiano il requisito dell’anzianità massima contributiva di quaranta anni, ma, al contrario, con la parola “possono”, mostra come detto provvedimento sia oggetto di opzione facoltativa degli enti pubblici.

Ad abundantiam, si rilevi anche che la circostanza che la norma consenta una discrezionalità al datore di lavoro apparirebbe, poi, ulteriormente confermata dal fatto che la disposizione presupponga la  definizione degli specifici criteri e delle modalita’ applicative (ancorchè, infatti, detta previsione sia esplicitata solo relativamente al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, si deve ritenere che detta locuzione non sia una limitazione del potere discrezionale  per le restanti amministrazioni, bensì solo “una chiarificazione” che lo stesso, per le PA citate, sarebbe stato disciplinato con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata vigore della presente disposizione).

  1. e) Se, dunque, l’art. 72 cit. conferisce alla pubblica amministrazione la facoltà di risolvere il rapporto di lavoro di chi abbia i quarant’anni di anzianità contributiva con opzione discrezionale, è agevole meditare come un tale potere, secondo gli ordinari principi in materia, non possa che essere esercitato con riferimento alla “situazione concreta” dell’amministrazione in relazione alla quale l’ente sia chiamato ad individuare l’interesse pubblico diretto a guidare le proprie scelte.

Infatti, l’art. 97 della Costituzione stabilisce che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che sia assicurato “il buon andamento dell’amministrazione” e presuppone che si tenga conto, almeno in generale, delle “esigenze concrete” degli uffici pubblici nelle scelte organizzative discrezionali.

In più, la lettura combinata dell’art. 97 Cost. con l’art. 3 Cost., che presuppone l’adeguamento dell’agire della PA a scelte di razionalità operativa, induce ad un’interpretazione costituzionalmente orientata nel senso che – per quanto l’art. 72 cit. rientri nei limiti di tollerabilità dell’art. 6 della Direttiva 78/00/CE – sia, comunque, richiesto che le possibilità di recesso offerte dalla previsione siano utilizzate in relazione allo scopo effettivo pubblico perseguito dalla singola amministrazione (rapporto mezzo a scopo del caso concreto), per descrivere il quale e perseguirlo  inevitabilmente non si può che far riferimento alla situazione concreta della singola Amministrazione in cui si vada ad attuare la norma.

Così, il corretto uso della statuizione tramite una valutazione discrezionale che non sia “aprioristica”, ma tragga elementi di giudizio dalla realtà fattuale della PA, consente, tra l’altro, una fruizione della previsione nei limiti leciti di “mezzo a scopo”, mentre ogni astrattezza giustificativa nel richiamo della fattispecie per motivare il licenziamento espone alla seria possibilità che l’art. 72 cit. sia utilizzato effettivamente solo con intento discriminatorio, senza alcun rapporto con gli scopi di politica del lavoro che possano reputarsi  consentiti dalla nostra Costituzione e dalla normativa europea e che si vogliano concretamente attuare presso la singola amministrazione.

  1. f) Dopo una siffatta analisi dell’istituto, è possibile giungere alla verifica del caso sottoposto a giudizio e rilevare che l’AGENZIA DELL’ENTRATE ha giustificato l’esercizio della propria discrezionalità in materia unicamente con l’esigenza pubblica, che si riscontrerebbe nella propria organizzazione, di assicurare la piena evoluzione dei modelli organizzativi e l’ottimale utilizzo delle tecnologie di supporto al rafforzamento della gestione del sistema fiscale che renderebbero necessario il più ampio e rapido ricambio generazionale.

Tuttavia, al di là di tale astratta locuzione, né nella memoria, né nei documenti prodotti si rinvengono riferimenti di qualunque tipo a quale sia stata la situazione concreta che la convenuta abbia potuto considerare per giungere alla propria determinazione di risolvere i rapporti di lavoro con ogni dirigente che si trovasse in possesso del requisito dei quarant’anni di anzianità contributiva.

La resistente, così, non ha dimostrato di aver fatto uso effettivo e  corretto del proprio potere discrezionale tenendo conto della “situazione esistente” in capo alla stessa per  individuare l’interesse pubblico concreto, per il cui perseguimento si sarebbe potuto decidere di procedere ai licenziamenti in parola.

Per meglio chiarire si sottolinei che, per  quanto, infatti, si debba reputare che l’art. 72 cit. abbia conferito all’Amministrazione un’ampia discrezionalità per valutare se procedere ai recessi di cui si tratta, in ragione delle considerazioni esposte non si può prescindere dal fatto che la stessa sia esercitata in relazione alla situazione concreta e occorre, perciò, osservare come l’AGENZIA DELL’ENTRATE, nel proprio atto e nei documenti allegati, non abbia minimamente  illustrato nella sua concretezza  di quali modelli organizzativi si dovrebbe  assicurare la piena evoluzione e  quali  tecnologie di supporto al rafforzamento della gestione del sistema fiscale renderebbero necessario il più ampio e rapido ricambio generazionale (cfr. doc. 1 e 7 res.).

La Determinazione n. 44276 del 18.3.08 è anch’essa muta sul punto (come, del resto, l’atto n. 164144 del 31.10.08: doc. 1 res.) e dal contenuto della  memoria di causa, anche tenendosi conto di tale documento, non è dato comprendere in che termini (numerici e di percentuale) la risoluzione del rapporto di lavoro con il ricorrente potrebbe eventualmente giovare almeno per raggiungere le soglie di riduzione degli organici di cui all’art. 74 della legge n. 133/08 o gli obiettivi di spostamento dei dirigenti “in ambito locale” menzionati nello stesso  doc. 7 res..

Sicchè, non è dato evincere in alcun modo come la resistente abbia preso in esame e valutato la situazione concreta dei propri uffici e se mai effettivamente  abbia fatto uso del potere discrezionale conferitole individuando, con le modalità esposte, l’interesse pubblico da perseguirsi e che giustificherebbe i licenziamenti ai sensi dell’art. 72 cit..

Gli stessi atti, piuttosto,  mostrano  solo come l’AGENZIA DELL’ENTRATE, non prendendo in considerazione la situazione concreta di alcun ufficio, abbia solo richiamato la generica ed astratta motivazione delle esigenze di assicurare la piena evoluzione dei modelli organizzativi  e l’ottimale utilizzo delle tecnologie di supporto al rafforzamento della gestione del sistema fiscale che renderebbero necessario il più ampio e rapido ricambio generazionale.

In tal modo, la convenuta ha solo evocato una motivazione stereotipata, che, essendo scollegata dall’individuazione di un interesse pubblico concreto,  appare volta unicamente a giustificare il licenziamento dei lavoratori più anziani, non potendosi che collocare tra questi coloro che hanno un anzianità contributiva di quarant’anni.

Cioè, mentre l’art. 72 cit. lasciava a ciascun lavoratore con detta anzianità contributiva la possibilità di evitare il licenziamento, qualora lo stesso non fosse stato conforme all’esigenze di interesse pubblico concretamente valutate con uso corretto ed adeguato dei poteri discrezionali  in relazione alla situazione degli uffici della singola PA, viceversa le scelte attuative dell’AGENZIA DELL’ENTRATE hanno reso inevitabile il recesso per ognuno di detti lavoratori e senza possibilità neppure di verifica della correttezza dell’opzione amministrativa, essendo la stessa totalmente scollegata dalla situazione fattuale dell’ente.

Il “comportamento” adottato dalla resistente, pertanto, non è stato esercizio corretto dei poteri conferiti dall’art. 72 della legge n. 133/08 e, per di più,  prescindendo dalla situazione concreta degli uffici, per quanto appena osservato, si pone, nella sua fattività, come violativo dell’art. 2, lettera b), del dlgs. n° 216/03, attuativo della direttiva 2000/78/CE, che stabilisce che è operata una  “discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere (…) le persone di una particolare età (…) in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone”.

Ne deriva come non possa che considerasi illegittimo il licenziamento intimato al ricorrente.

Per lo stesso vi sarebbe la tutela della reintegrazione come chiarito dalla Suprema Corte (cfr., ad es., Cass. SU, Sentenza n. 25254 del 2009), ma, non avendo ad oggi ancora prodotto i propri effetti la lettera di recesso del 22.9.09, che ha previsto la risoluzione del rapporto solo dalla data del  2.6.10, si deve accogliere la domanda principale attorea ed ordinare all’AGENZIA DELL’ENTRATE di mantenere in servizio il dipendente.

Per la soccombenza, l’AGENZIA DELL’ENTRATE deve essere condannata  a rimborsare le spese di lite alla parte ricorrente, liquidate in complessivi € 3000,00, oltre accessori, in ragione della durata e della natura del giudizio.

P.Q.M

In accoglimento della domanda principale, accertata l’illegittimità del licenziamento intimato con lettera del 22.9.09, dispone che il ricorrente, alla data del 2.6.10, programmata per l’efficacia dell’atto di recesso, sia mantenuto in servizio. Condanna la parte convenuta a risarcire al ricorrente per le spese di lite  la somma complessiva di € 3000,00, oltre accessori.  Motivazione a 60 giorni.

Milano, 10.5.10

Il Giudice

dott.  N. Di Leo