Licenziamento ritorsivo, Tribunale di Lucca, Ordinanza 26 novembre 2018

TRIBUNALE ORDINARIO di LUCCA

Sezione Lavoro

Nel procedimento ex art.1 comma 48 e ss. l. 92/2012 iscritto al N.R.G. 246/2018 promosso da:

M  O

ricorrente

contro

P C S.p.a. in persona del l.r p.t.

resistente

Il Giudice dott.ssa Alfonsina Manfredini,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA ex art. 1, comma 49 L. 92/2012

rilevato che la ricorrente ha chiesto al Tribunale di:

-in tesi, dichiarare la nullità del licenziamento intimatole dalla società resistente perché ritorsivo e con conseguente ordine alla resistente di reintegrarla nel posto di lavoro e condanna della stessa al risarcimento del danno ex art. 18, comma 2, Statuto Lavoratori, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione,

-in subordine, accertare e dichiarare la nullità del licenziamento intimatole perché discriminatorio per handicap e, per l’effetto, condannare la resistente a reintegrarla nel posto di lavoro, con ulteriore condanna al risarcimento del danno ex art. 18, comma 2, Statuto Lavoratori, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione;

-in ulteriore subordine, accertare e dichiarare l’illegittimità e/o annullabilità del licenziamento intimatole dalla ricorrente per insussistenza del fatto contestato e/o perché il fatto è punito con una sanzione conservativa e, per l’effetto, condannare la resistente al risarcimento del danno ex art. 18, comma 4, Statuto Lavoratori, oltre al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione;

-in ogni caso, accertare e dichiarare che il licenziamento, per le modalità con le quali è stato comunicato e per il clamore che la vicenda ha avuto in sede locale (e non) in conseguenza di comportamenti scorretti della società datrice di lavoro, ha carattere ingiurioso e, per l’effetto, condannare la società convenuta al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa.

Il tutto oltre rivalutazione monetaria e interessi come per legge.

Con vittoria di spese e compensi professionali e condanna al rimborso delle spese di contributo unificato.

La ricorrente era stata assunta dalla società resistente nel 2009 e in ultimo era inquadrata con livello di quadro (livello Q1 CCNL Aziende Farmaceutiche Speciali – Municipalizzate) con mansioni di Direttore Dipartimentale Affari Generali, Amministrazione e Capo del Personale. Il suo licenziamento era stato intimato subito dopo che la dott.ssa C. R.i era stata nominata dal Comune di Camaiore (unico socio della resistente) Amministratore Unico della P. C, al posto del precedente Consiglio di Amministrazione.

Con la contestazione disciplinare (doc. 33) si contesta alla ricorrente 1) di aver “forzato la procedura” (che prevede in automatico l’inserimento nel programma delle presenze per effetto della timbratura all’entrata e all’uscita mediante l’inserimento del cartellino nell’orologio marcatempo) nei pomeriggi del 17 e del 24 luglio, facendo figurare comunque che in tali giorni Lei era presente in azienda. …. una indagine interna all’esito della quale è emerso che, contrariamente a quanto risultante per effetto delle suddette Sue modifiche, Lei nei pomeriggi di lunedì 17 e 24 luglio 2017, non è mai stata presente negli uffici aziendali”. La contestazione prosegue nel senso che “2) avendo rilevato che, anche nel mese di luglio 2017 Lei aveva richiesto di beneficiare, in assoluta prevalenza, dei permessi L. 104/1992 nelle giornate di sabato (che per la nostra azienda è un giorno normalmente lavorativo) e considerato che il giorno 12 agosto da Lei richiesto come permesso ex lege 104/1992 era immediatamente antecedente all’inizio del Suo periodo di ferie, abbiamo affidato l’incarico -nell’ambito dei controlli difensivi da noi disposti- ad una agenzia investigativa di svolgere indagini in merito alle modalità con le quali Lei ha svolto le attività di assistenza per le quali la legge consente di beneficiare di tali permessi” e da tali indagini “è emerso che Lei, in totale violazione dei suoi doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione lavorativa, ha fittiziamente usufruito dei permessi ex L. 104/92 nei suindicati giorni” (i.e. 12 agosto, 26 agosto e 30 agosto);

– il provvedimento di licenziamento, che ha integralmente richiamato il provvedimento di contestazione disciplinare, è stato adottato avendo la società datrice di lavoro ritenuto che le condotte ascritte fossero tali da ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, che le difese espresse dall’odierna ricorrente in sede di osservazioni e anche di audizione fossero “inveritiere” e, comunque, inidonee a giustificare i comportamenti contestati: il licenziamento è stato irrogato con provvedimento del 5.10.2017 e con efficacia dal 5.9.2017, data della lettera di contestazione disciplinare.

La ricorrente deduce la legittimità dei comportamenti a lei ascritti, escludendo forzature del programma che gestisce le presenze del personale in relazione alle attestazioni, da lei fatte, di aver svolto la prestazione lavorativa nelle giornate del 17 e 24 luglio; nega l’utilizzo abusivo dei permessi ex legge 104/1992 nelle giornate di agosto 2017 a cui fa riferimento la lettera di contestazione e ravvisa nel provvedimento disciplinare un intento ritorsivo, cioè di rappresaglia, della neo-nominata Amministratore Unico della P Cspa, dott.ssa C R, con la quale nel passato erano intercorse tensioni sfociate anche in contenziosi giudiziali, ravvisando in ipotesi la discriminatorietà del licenziamento e, in ulteriore subordine, l’illegittimità e/o annullabilità del licenziamento per insussistenza del fatto contestato e/o perché il fatto è punito con una sanzione conservativa, chiedendosi l’ordine alla convenuta di reintegrare la ricorrente nel posto di lavoro e la condanna della medesima al risarcimento del danno ex art 18 comma 4 dello Statuto dei Lavoratori, oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione.

La ricorrente chiede, infine, il risarcimento del danno subìto per le modalità con cui il licenziamento è stato comunicato e per il clamore che esso ha avuto in sede locale, a causa di comportamenti (ritenuti) scorretti della società datrice di lavoro.

2) Si è costituita la società resistente in sintesi chiedendo il rigetto per infondatezza del ricorso, attesa la responsabilità disciplinare della dott.ssa O per i comportamenti a lei ascritti nella lettera di contestazione e di licenziamento, sia per la falsa attestazione della presenza al lavoro nelle giornate del 17 e 24 luglio, sia per la non riconducibilità all’ambito del concetto di assistenza (sotteso alla corretta fruizione dei permessi ex L. 104/1992) dei comportamenti posti in essere dalla dott.ssa Orsucci nelle giornate del 12, 26 e 30 agosto.

***

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento nei termini di quanto segue:

-forzatura del sistema

Come visto nella contestazione disciplinare, integralmente ripresa dalla lettera di licenziamento, si afferma che “con riferimento al programma che gestisce le presenze del personale in azienda, Lei ha ‘forzato la procedura’ (che prevede in automatico l’inserimento nel programma delle presenze per effetto della timbratura all’entrata e all’uscita mediante inserimento del cartellino nell’orologio marcatempo) nei pomeriggi di lunedì 17 e 24 luglio, facendo figurare che in tali giorni Lei era presente in azienda. Insospettiti delle modalità con le quali era stato modificato il programma, abbiamo effettuato un’indagine esterna all’esito della quale è emerso che, contrariamente a quanto risultante per effetto delle suddette Sue modifiche, Lei nei pomeriggi di lunedì 17 e 24 luglio non è mai stata presente negli uffici aziendali”.

La dott.ssa O ha dichiarato di aver lavorato fuori dai locali aziendali nei pomeriggi di cui si tratta e di aver inserito manualmente l’entità oraria della prestazione svolta e non orari di entrata e di uscita: ella dunque non ha attestato una sua presenza nella sede amministrativa o nel suo ufficio, come invece addebitato dalla resistente. La ricorrente ha detto anche di aver così fatto come usualmente da anni era nella prassi e operando in conformità con le indicazioni del datore di lavoro. Ha anche precisato che, allorché la sua prestazione lavorativa avvenisse fuori dai locali dell’azienda, l’orario nei registri delle presenze risultava contrassegnato da un asterisco.

Che la dott.ssa O potesse lavorare anche fuori dai locali aziendali risulta dalla documentazione prodotta: in particolare si richiama il documento 6 di parte ricorrente avente ad oggetto “orario di lavoro flessibile” in cui si dice che “in ottemperanza all’art. 7 del Regolamento aziendale dei rilevatori di presenze si dispone che la dott.ssa M O svolga il proprio orario di lavoro in modo flessibile a seconda delle esigenze del  servizio. La rilevazione elettronica sarà effettuata per attestare le ore di servizio rese a fini conoscitivi delle ferie e dei permessi maturati”. Inoltre la dott.ssa O era stata autorizzata per iscritto all’utilizzo del pc portatile di proprietà dell’azienda, su richiesta da lei inoltrata “per meglio svolgere” l’attività lavorativa (doc. 7), e ha fatto presente che la prestazione di lavoro poteva da lei esser svolta in luoghi diversi da quelli della sede aziendale, per esigenze presso altre unità locali della P Cspa, quali i tanti cimiteri del comune di Camaiore, il Palasport e le tre farmacie.

E’ pacifico e ammesso dalla parte resistente che lei potesse svolgere il proprio lavoro anche da casa, grazie all’installazione del software di gestione del bilancio sul suo computer di casa (vedasi doc. 45 ric.), installazione autorizzata dalla P C(la resistente riconosce che la dott.ssa O fosse autorizzata a lavorare da casa per gli incombenti relativi alla redazione del bilancio -punto 21 memoria).

La ricorrente ha specificato che l’effettuazione della prestazione fuori dai locali dell’azienda veniva evidenziata nei registri delle presenze da un asterisco apposto a ridosso dell’orario svolto (orario inserito -necessariamente- in modalità manuale, dato che la lavoratrice, ove avesse lavorato da casa -come autorizzato- neppure entrava nei locali dell’azienda). L’apposizione di asterischi risulta dalla documentazione prodotta anche da parte resistente (doc. 24) e fin dal marzo 2015 (giovedì 5 marzo) e si osserva che, relativamente a tale simbolo, la società resistente non offre una diversa plausibile giustificazione, poiché fa riferimento a dimenticanze del badge, a brevissimi ritardi, sforamenti autorizzati dalla dott.ssa O per gli altri dipendenti, ma non spiega come avrebbe potuto la ricorrente, nei casi in cui legittimamente svolgeva la propria attività lavorativa a casa “attestare le ore di effettivo servizio rese” senza avvalersi dell’inserimento manuale dell’orario. Dal ripetersi nel tempo di queste prestazioni all’esterno dei locali dell’azienda, dall’espressa autorizzazione all’uso del pc portatile aziendale e dall’installazione di software di gestione del bilancio della Pluriservizi sul computer di casa, nonché, come detto, dall’ammissione -da parte della resistente- che (quantomeno) in materia di bilancio la dott.ssa O poteva lavorare da casa, può desumersi che l’inserimento manuale non costituisse una forzatura del sistema, ma l’unico modo di inserire nel registro delle presenze le ore di effettivo lavoro svolto (legittimamente) all’esterno dei locali aziendali.

Non sussistendo il fatto addebitato di aver “forzato la procedura” è per mero scrupolo -poiché il fatto, invero, non costituisce motivo di addebito-, che si procede a verificare se per l’orario inserito manualmente nei pomeriggi dei giorni 17 e 24 luglio sia stato omesso svolgimento di attività lavorativa.

Nella giornata del 17 luglio la dott.ssa O ha lavorato da casa su questioni afferenti al bilancio, confrontandosi continuamente con dott.ssa M  M, allora componente del C.d.A. di P CSpA, come è provato dalla documentazione prodotta dalla ricorrente, costituita da fotocopie di e-mail intercorse (tra le 12,46 e le 20,42 tra la ricorrente e la sig.a Matteucci: dalla lettura delle e-mail si apprezza che si trattava di confronti funzionali al controllo della nota integrativa (parte del bilancio) per la correzione di errori rilevati e in vista dell’approvazione del bilancio, controlli che ovviamente, non potevano prescindere dall’analisi delle varie voci della nota integrativa, che ben più tempo richiedono della mera stesura di una e-mail. Nel corso dell’istruttoria è stata anche sentita la dott.ssa M M (componente del C.d.A. che si occupava di bilancio -cfr. teste P, a sua volta componente del C.d.A. fino al luglio 2017-) la quale ha specificato che il Collegio sindacale le aveva comunicato la presenza di errori nelle tabelle della nota integrativa che facevano riferimento al bilancio e si erano resi necessari il controllo e la correzione dei dati da parte della dott.ssa O, la quale il 17 luglio aveva provveduto alla verifica e alle correzioni e, nella mattina successiva (18 luglio), aveva trasmesso la nota integrativa con le tabelle corrette (al C.d.A. della P Cspa).

L’attività svolta nella giornata del pomeriggio del 24 luglio, a detta della ricorrente, era consistita in lavoro a casa sul bilancio della P spa, in vista dell’assemblea del 26 luglio e in una lunga riunione presso il Palasport (unità locale della P) con il rappresentante sindacale della O.S. UGL, riunione avente ad oggetto l’erogazione del premio di produttività per il 2016. Con riferimento a questa riunione è stato sentito a teste il sig. E A  che ha confermato che in quel pomeriggio vi era stata una riunione di rappresentanza della UGL al Palasport, con all’ordine del giorno anche il premio di produttività 2016 dei dipendenti della P, riunione a cui aveva partecipato la dott.ssa O, in quanto capo del personale della P e componente della RSA. Il teste ha dichiarato che UGL era “entrata nell’azienda” agli inizi del 2017, che -già dal maggio 2017- vi era uno stato di agitazione del personale e che l’O.S. di cui egli era rappresentante non era gradita dalle altre organizzazioni sindacali alle riunioni (in quanto da esse ritenuta non firmataria di CCNL) e che dunque le riunioni della varie OO.SS con rappresentati del personale della P non la ricomprendevano. Il teste ha inoltre specificato l’attività che la dott.ssa O aveva svolto nel corso della riunione, con le spiegazioni offerte su varie questioni afferenti al premio di produttività, tra cui tempistica, possibilità di erogazione parziale o meno, nonché ai criteri che erano stati seguiti negli anni precedenti per la quantificazione e erogazione e, inoltre alle problematiche afferenti all’anno 2016. Il teste ha dichiarato che, per quanto emerso nel corso della riunione, era apparso necessario un incontro urgente con l’azienda per un confronto, incontro che però non si era tenuto perché, gli era stato detto (il teste non ha ricordato se dalla sig.a P o M) che “di lì a pochi giorni vi sarebbe stata l’ultima riunione del C.d.A.”.

Appare dunque confermato quanto dedotto in ricorso circa la partecipazione alla riunione, mentre per l’attività afferente al bilancio da un lato non risultano contestazioni sul punto e dall’altro è verosimile un’attività in questo senso, stante la prossima riunione del C.d.A.

Tanto appare comprovare che nei pomeriggi considerati la ricorrente aveva svolto l’attività da lei dedotta, fermo restando che, come visto, ciò che si imputa alla ricorrente nel licenziamento è la forzatura del sistema per l’inserimento di orario e il non essersi trovata nei locali dell’azienda utilizzo dei permessi ex art. 33 L. 104/1992

Sono state commissionate dall’ A.U. della P Cspa ad un’agenzia investigativa indagini volte a verificare il corretto utilizzo dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 da parte della ricorrente.

Da quanto emerso dalle indagini svolte la società resistente ha desunto che la ricorrente avrebbe fittiziamente usufruito dei permessi richiesti, “astenendosi con certezza per la quasi totalità del tempo, dal compiere attività di assistenza a persona disabile richiamata dalla norma quale scopo precipuo di detti permessi”.

In particolare per la giornata del 12 agosto 2017 (giornata di sabato, con orario di lavoro ridotto dalle 8 alle 13) la resistente sottolinea che: – alle ore 8,32 era arrivato a casa della ricorrente (convivente con il padre) un uomo che risulta svolgere attività di assistenza agli anziani anche a domicilio; – intorno alle 10.30 questa persona aveva portato il padre della ricorrente a fare una passeggiata spingendolo su una sedia a rotelle; – alle 11.09 il padre (con l’assistente) era rientrato a casa; – successivamente al rientro a casa della madre della ricorrente (ore 11,55) l’assistente aveva lasciato l’abitazione; – la ricorrente alle ore 11.09 si era allontanata a bordo di uno scooter guidato dal marito rientrando alle 12.49 dopo aver fatto alcune commissioni.

Posto che: – la ricorrente non era uscita dalla casa in cui viveva con il padre se non alle 11.09; è stato provato a mezzo testi che la mattina del sabato è destinata alla cura e alla pulizia (con doccia e barba) del sig. O; -è stato provato che la ricorrente, che garantisce assistenza anche notturna al padre, collabora nell’igiene sia del padre, che del letto e degli spazi adibiti alla sua pulizia, con un impegno orario di almeno un’ora, ciò che, considerando l’orario in cui il sig. O viene alzato (ore 9.30 cfr dichiarazione teste sig. R G) porta alle ore 10.30 circa, ora in cui l’invalido è uscito di casa. Quanto poi alla presenza di persona che coadiuva nell’assistenza del sig. O dalla lettura della documentazione e dagli scambi intercorsi tra la dott.ssa O e la AU dott.ssa R, si evince che la presenza di persone che coadiuvavano nell’assistenza del padre era stata dichiarata espressamente, facendo riferimento alle persone inviate dai Servizi. Ne’ può ritenersi che in tali casi, ossia quando anche sia stato assoldato qualcuno per collaborare nell’assistenza, vengano meno i presupposti per la fruizione da parte di un familiare che svolga assistenza dei permessi ex art. 33 L. 104/1992.

Quando all’invero limitato lasso temporale dalle 11.09 alle 12,49 la ricorrente ha chiarito la finalità delle commissioni svolte, funzionali all’anziano sia in quanto fumatore di sigarette elettroniche, che quale proprietario di un animale di affezione. Né possono seriamente ritenersi idonee a configurare la fittizia fruizione dei permessi, brevi soste per provvedere a piccole spese, considerando anche la condizione di convivenza tra la ricorrente e il padre invalido.

Giornata di sabato 26 agosto 2017: viene contestata l’uscita della ricorrente in giardino per pochi minuti al fine di annaffiare i cespugli di fronte alla strada e la presenza dalle 9.02 dell’assistente (sig. C) già indicato nella giornata del 12 agosto, che alle ore 11.38 portava l’invalido in sedia a rotelle a fare una passeggiata, rientrando con lui circa mezz’ora dopo.

Quanto poi alla giornata di mercoledì 30 agosto 2017 l’indagine aveva riscontrato alle ore 10,48 un’uscita da casa della ricorrente (senza il padre, in quel momento accompagnato all’Ospedale da una donna anziana) che, andata in Viareggio alle 11,00, entrava in un negozio di sigarette elettroniche, ne usciva alle 11.09 e rientrava immediatamente a casa.

In proposito la ricorrente ha dedotto che il padre era un grande fumatore di sigarette di tabacco che ha poi sostituito con quelle elettroniche, talché l’acquisto era stato fatto in funzione dei bisogni di lui: la circostanza che il sig. O utilizzi sigarette elettroniche non è stata contestata e, comunque, per quanto fin qui rilevato dalle indagini dell’agenzia investigativa non si ritiene che la ridottissima quantità di tempo riscontrata come eventualmente utilizzata per far fronte anche a un proprio bisogno personale possa escludere la corretta utilizzazione dei permessi.

Resta da considerare il pomeriggio del 30 agosto, cadente nella giornata di mercoledì in cui, a detta di P Cspa, la ricorrente avrebbe dovuto svolgere attività lavorativa pomeridiana (per rientro). In tale pomeriggio la ricorrente si era recata in uno stabilimento balneare. In effetti risulta che alle ore 13,21 la dott.ssa O era uscita da casa, aveva fatto un prelievo allo sportello dell’ATM della Cassa di Risparmio di Lido di Camaiore e, quindi, si era recata ad uno stabilimento balneare (…..) ove era rimasta sdraiata su un lettino da spiaggia fino alle 17,27 per poi rientrare a casa alle 17,36.

Si osserva a riguardo che la documentazione prodotta (fogli presenze – doc. 23 resistente e ) non attesta affatto che abitualmente la ricorrente facesse rientro al lavoro nel pomeriggio, e non può dirsi provato che la stessa fosse tenuta al rientro nel pomeriggio di mercoledì. Tanto basterebbe, considerando anche che l’indicazione dell’orario pomeridiano è stato ritenuto erroneo e la dott. O ha chiesto l’immediata correzione di tale orario. Inoltre il fatto che la ricorrente si stesse riposando (è rimasta sdraiata sul lettino da spiaggia) a poca distanza da casa mentre il padre riposava a sua volta a casa sua, a poca distanza (fatto non contestato e comunque rispondente a quando dichiarato dal teste R G, genero e convivente con l’invalido), non appare contrastare con il concetto di assistenza a meno che non si voglia assumere che non sia possibile, senza venir meno ai doveri di assistenza al disabile, riposarsi per qualche ora nella giornata in cui il lavoratore ha chiesto di avvalersi dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 e a poche centinaia di metri dalla casa dell’invalido. Diversamente opinando, però, sarebbe inesorabile pervenire alla conclusione che sia necessario chiedere i permessi solo su base oraria, limitandoli, cioè alle sole ore in cui si dia diretta ed effettiva assistenza, escludendosi da questo concetto la pronta disponibilità a far fronte ad eventuali bisogni della persona invalida, come nel caso in esame, e ulteriormente non comprendendosi quale tipo di attività debba essere svolta mentre la persona invalida riposa e quale migliore assistenza verrebbe data vegliando la persona invalida.

Ne consegue che non vi è stato fittizio utilizzo dei permessi ex art. 33 L. 104/1992 e i comportamenti tenuti dalla ricorrente sono stati legittimi.

Ciò posto, ritiene questo giudice che sia accoglibile la domanda svolta dalla ricorrente in via principale.

Infatti la ritorsività, a parere di questo giudice, emerge dal quadro complessivo delineato nel ricorso, quadro che ha trovato sufficiente conferma nella documentazione prodotta e in sede istruttoria.

Si ricorda in proposito che la giurisprudenza della Cassazione che questo giudice condivide e dalla quale non ha ragione di discostarsi, è univoca nel ritenere che la prova della ritorsività possa darsi attraverso l’utilizzazione di presunzioni: “posto che il motivo ritorsivo appartiene all’area dei motivi discriminatori, il licenziamento ritorsivo e per rappresaglia è nullo qualora il lavoratore provi, anche per mezzo di presunzioni, che il motivo illecito è stato esclusivo e determinante” (Cass. Sez. Lavoro, sent. 3.11.2016 n. 22323).

A tal fine si sottolineano, tra gli altri elementi, i precedenti (anche giudiziali) tra la dott.ssa O e la dott.ssa C R; la pubblica notorietà del contrasto tra le stesse (come evidenziato anche dalle notizie pubblicate sui quotidiani locali prima della –prevedibile– nomina ad AU della dott.ssa R), la tempistica tra l’acquisizione della carica di A.U. della P Cspa da parte della dott.ssa C R e il conferimento dell’incarico all’agenzia investigativa, conferimento avvenuto addirittura durante un periodo di ferie dell’A.U.; l’inconsueta richiesta fatta dalla P C spa (in persona della AU R) al fine di conoscere in via preventiva i giorni del mese (di agosto) in cui la ricorrente avrebbe usufruito dei permessi ex art. 33 l. 104/1992; il tono stesso delle conversazioni intercorse tra le parti e in particolare delle richieste della dott.ssa Raffaelli volte ad ottenere dalla dott.ssa O conferme dei giorni di ferie e dei giorni di fruizione dei permessi ex art. 33 L.104/1992 nel mese di agosto; le accuse d’inefficienza mosse dalla dott. Raffaelli alla dott.ssa O immediatamente dopo la sua nomina ad A.U. (doc. 27 ric.).

Da ultimo, ma non con riferimento al dato temporale e non per minore importanza, sono da soppesare le perplessità espresse nell’assemblea dei soci dalla dott.ssa O (specificamente richiesta sul punto) circa una possibile incompatibilità della R per conflitto di interessi. Si evidenzia in proposito che su tale incompatibilità la dott.ssa O non si era pronunciata in modo positivo, auspicando piuttosto un parere preventivo all’ANAC, parere che non era stato possibile acquisire per la nomina della Raffaelli alla carica, nomina effettuata nel giorno immediatamente successivo. In via incidentale si osserva che tale perplessità manifestata dalla ricorrente, pur nelle diverse interpretazioni legislative e giurisprudenziali, non appare destituita di fondamento e dettata da inimicizia, tenuto conto che la dott.ssa R, in una società partecipata pubblica, è passata senza soluzione di continuità dalla carica di Presidente del collegio sindacale ad A.U. della stessa società.

Alla luce di quanto sopra questo giudicante ritiene sussistenti i requisiti della gravità, precisione e concordanza degli elementi indiziari, tali da far ritenere provata la condotta ritorsiva attuata.

Inammissibile, in ultimo, è la domanda di risarcimento dei danni per comportamenti scorretti della società datrice di lavoro nei confronti dell’O per le modalità con le quali sarebbe stata data pubblicità all’avvenuto licenziamento, in considerazione del rito a cui è assoggettato il presente giudizio.

Le spese sono a carico della parte convenuta, stante la sua soccombenza, e sono liquidate in dispositivo ex DM 55/2014 tenuto conto dei criteri e parametri ivi indicati e dell’attività svolta

P.Q.M.

Il Tribunale, ogni contraria istanza e eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

– dichiara la nullità del licenziamento intimato alla dott.ssa M O dalla società resistente perché ritorsivo e, di conseguenza,

– ordina alla resistente di reintegrarLa nel posto di lavoro e condanna la P CS pa in persona del l.r. in carica al risarcimento del danno ex art. 18, comma 2, Statuto Lavoratori, pari alla retribuzione globale di fatto dal dì del licenziamento sino all’effettiva reintegra, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali sul suddetto importo dovuto dalla data del licenziamento fino all’effettiva reintegrazione.

Condanna altresì la società resistente in persona del l.r. p.t. a rifondere alla ricorrente le spese del presente procedimento che si liquidano in € 7.500,00 oltre a rimborso spese forfetario 15%, IVA e CPA, come per legge, e oltre al rimborso delle spese di contributo unificato.

Si comunichi.

Lucca,

Il Giudice

dott.ssa Alfonsina Manfredini