Obbligo del datore di lavoro di adottare ragionevoli accorgimenti , Discriminazione per motivi di handicap, Tribunale di Avellino, ordinanza del 30.08.2019 ( reclamo dell’ordinanza del 16.06.2019)

 TRIBUNALE DI AVELLINO

SETTORE LAVORO E PREVIDENZA

Il Tribunale di Avellino, riunito in camera di consiglio nelle persone di:

dott. Giuseppe De Tullio Presidente

dott.ssa Annachiara Di Paolo Giudice

dott.ssa Paola Beatrice Giudice relatore

ha pronunziato la seguente

ORDINANZA

nella procedura recante il n. ..-2019 del Ruolo Generale avente ad oggetto reclamo ex art. 669 terdecies cpc riservata per la decisione all’udienza collegiale del 30.8.2019 vertente

TRA

S.p.A. in persona del legale rapp.te p.t., avv. Amedeo Apicella, Cod. Fisc., con sede in Pomezia (Rm) alla Via Pontina VecchiaKm 31,700, elett.te dom.ta in Roma a P.le delle Medaglie d’Oro n.7 presso lo studio dell’avv. Filippo L. J. Silvestri e dell’avv. Antonella Fumai i quali, congiuntamente e disgiuntamente, la rappresentano e difendono come da mandato in atti

RECLAMANTE

CONTRO

M R G rappresentata e difesa dagli avv.ti Samantha Losco e Franca Marra come da mandato a margine del ricorso ex art. 700 cpc ed elettivamente domiciliata presso lo studio delle stesse in Avellino alla via Terminio n. 10

RECLAMATA

CONCLUSIONI: come in atti

RAGIONI DELLA DECISIONE

La società I SPA ha proposto reclamo avverso l’ordinanza del 24.6.2019 con la quale il Tribunale di Avellino, in accoglimento del ricorso presentato nei suoi confronti ex art. 700 cpc da M R G, ha condannato la società a riadibire la ricorrente presso la sede di Solofra in mansioni confacenti alla condizione di salute della stessa. La parte reclamante ha eccepito in via preliminare l’improcedibilità del ricorso per tardività della notifica e nel merito la sua infondatezza. Con particolare riferimento al requisito del fumus boni iuris, la parte reclamante ha precisato l’impossibilità di ricollocare la dipendente in posizioni lavorative diverse (equivalenti o inferiori) rispetto a quelle svolte di addetta alla mensa per le quali era stata ritenuta inidonea evidenziando il maggiore sforzo fisico richiesto per lo svolgimento di mansioni inquadrabili nel livello inferiore appartenente al personale di pulizia, l’impossibilità di attribuirle il livello superiore appartenente agli addetti al bar ed infine l’inidoneità della lavoratrice allo svolgimento delle mansioni svolte da questi ultimi in ragione della movimentazione manuale di carichi richiesta nello svolgimento delle stesse (cfr. pagina 15 del reclamo). A tale ultimo riguardo la società ha prodotto in giudizio il certificato medico del 5 luglio 2019 a firma del dott. M con cui veniva accertata l’inidoneità della ricorrente anche alla mansione di barista in considerazione della movimentazione manuale di carichi come il sollevamento di cassette e dello svolgimento di movimenti ripetitivi nella preparazione di bevande calde. La società reclamante ha, poi, dedotto l’impossibilità giuridica di redistribuire i compiti tra i dipendenti dell’impianto di Solofra e di modificare unilateralmente l’orario e i turni di lavoro degli stessi nonchè l’errata valutazione giudiziale in ordine alla fungibilità delle mansioni di addetti alla mensa e di addetti al bar; ha dedotto, a tale ultimo riguardo, che questi ultimi non preparano soltanto il caffè, ma anche cornetti, panini, pizzette, tramezzini e si occupano della cassa (cfr. pagina 18 del reclamo).

M R G si è costituita in giudizio con memoria del 29.8.2019 instando per il rigetto del reclamo. Ha dedotto, in particolare, la difformità esistente tra il certificato del 5.7.2019 prodotto dalla parte datoriale e quello consegnato alla lavoratrice.

Ciò premesso in fatto, il reclamo è infondato alla luce della seguente motivazione.

In limine litis deve rilevarsi che non può essere accolta l’eccezione di improcedibilità del ricorso per il mancato rispetto del termine di notifica da parte della ricorrente odierna reclamata. Infatti deve anzitutto essere premesso che il presente procedimento riveste natura cautelare e che in tale ipotesi ai fini dell’instaurazione del contraddittorio vige il principio della libertà delle forme di convocazione del resistente. Ciò premesso, deve essere soggiunto che la forma che viene solitamente privilegiata, perché ritenuta maggiormente idonea a garantire il raggiungimento dello scopo di assicurare la conoscenza dell’atto al convenuto e quindi il suo diritto di difesa, è quella di onerare la parte ricorrente (e non la cancelleria) della notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti. Ebbene, in tali evenienze, il termine fissato dal  giudice entro cui provvedere alla notifica non ha carattere perentorio (cfr. art. 153 c.p.c.), ma natura ordinatoria ex art. 154 c.p.c. e tanto in conformità al disposto di cui all’art. 152, II co., c.p.c. secondo cui i termini per il compimento di atti del processo possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza soltanto se la legge lo prevede espressamente (ipotesi, quella di specie, non prevista). Sempre a livello generale deve essere osservato che la Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 14916 del 2016, ha stabilito che l’inesistenza della notificazione è configurabile soltanto nei casi di totale mancanza materiale dell’atto e in quelli in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile l’atto. Conseguentemente la Cassazione ha ricondotto la dicotomia nullità/inesistenza alla bipartizione tra atto e non atto. (cfr. anche Cass. del 2017 n. 5855). Con particolare riferimento, poi, al vizio di nullità della notificazione (come quello in esame) la Cassazione ha stabilito che la costituzione in giudizio della parte intimata (ovvero, in alternativa, la rinnovazione della notificazione disposta ex art. 291 cpc dal giudice) produce un effetto sanante con efficacia ex tunc della nullità anche nel caso in cui la costituzione sia effettuata al solo fine di eccepire la nullità (tra altre, Cass., sez. un., n. 5785 del 1994; Cass. nn. 10119 del 2006, 13667 del 2007, 6470 del 2011) avendo l’atto raggiunto il suo scopo ex art. 156 c.p.c. e art. 160 c.p.c. ossia la conoscenza da parte del destinatario. Vale soggiungere, infine, che, ai fini della valutazione della proposta eccezione, il giudice deve verificare non soltanto il momento di perfezionamento della notifica (che nel caso in esame risulta eseguito con un solo giorno di ritardo), ma anche se sia stato inficiato il regolare svolgimento del procedimento nel contraddittorio delle parti.

In applicazione dei principi sopra esposti, nel caso in esame il vizio di nullità della notificazione, eseguita con un giorno di ritardo, risulta sanato dalla costituzione in giudizio della parte resistente, odierna reclamante. Dall’esame degli atti risulta, infatti, che la notificazione del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza del 27.3.2019 si è perfezionata il 12.3.2019 e non entro il 10.3.2019 (recte entro l’11.3.2019 in ragione della proroga di diritto prevista in caso di scadenza del termine fissato in un giorno festivo), che il giudice di prima fase ha disposto un rinvio dell’udienza al 24.4.2019 e che la società resistente si è costituita il 19.4.2019 articolando difese anche di merito avendo, a garanzia del diritto di difesa, a disposizione un tempo maggiore rispetto a quello fissato nel decreto di fissazione. Risulta allora evidente che l’inosservanza del termine per la notifica del ricorso e del decreto nel caso concreto in esame non ha comportato alcuna conseguenza sul piano della regolarità del procedimento cautelare ex art. 669 sexies comma 1 c.p.c., improntato al principio della deformalizzazione, in quanto non risulta configurata alcuna lesione del contraddittorio e del diritto di difesa. Peraltro, la parte reclamante non ha dedotto alcun motivo a sostegno della tesi della lesione delle proprie ragioni di difesa instando unicamente per la declaratoria di inesistenza dell’atto.

Proseguendo nell’analisi dei motivi di merito sopra riportati, deve osservarsi in primo luogo che il legislatore, nel disciplinare i provvedimenti di urgenza di cui all’art. 700 cpc, appresta, in ossequio al principio generale secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione (recte alla garanzia costituzionale della effettività della tutela giurisdizionale), una tutela cautelare volta a neutralizzare un pericolo irreparabile per il titolare del diritto. In tale ottica il provvedimento di cui si chiede la concessione assolve una funzione repressiva volta ad eliminare gli effetti dannosi della violazione già effettuata ovvero una funzione preventiva volta ad impedire che la violazione minacciata sia compiuta o comunque proseguita. Sempre in punto di diritto deve essere poi soggiunto che per l’emissione del provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. il legislatore richiede il ricorso congiunto sia del fumus boni iuris (ossia della verosimile fondatezza della domanda), sia del periculum in mora (ossia del pericolo che, durante il tempo occorrente per far valere il diritto in via ordinaria, lo stesso sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile) e che, pertanto, l’insussistenza anche di uno solo di essi rende la domanda non accoglibile indipendentemente dalla valutazione dell’eventuale sussistenza dell’altro. Orbene, nella fattispecie in esame, la ricorrente, risultata inidonea allo svolgimento delle mansioni di addetta ai servizi mensa per esposizione a movimentazione manuale di carichi, polveri e movimenti ripetitivi, ha impugnato il trasferimento disposto dal datore di lavoro Innova spa presso la mensa dell’Istituto di Istruzione della Polizia Penitenziaria di Castiglione delle Stiviere (Mn) richiedendo di essere adibita presso il bar del presidio ospedaliero Landolfi di Solofra. Tra i motivi di reclamo la società I spa ha allegato l’impossibilità di adibire la ricorrente alla mansione di addetta al bar invocando da un lato l’inidoneità fisica della stessa a svolgere le predette mansioni, producendo all’uopo certificazione medica rilasciata nel corso del giudizio, e dall’altro l’impossibilità di assegnare alla ricorrente mansioni superiori (di barista e di cassiera) e di redistribuire diversamente i compiti tra i dipendenti modificandone i relativi turni di lavoro.

Ciò premesso, ritiene il Collegio che il motivo in esame risulta privo di fondamento e smentito dalle risultanze processuali. Invero, deve rilevarsi che dall’esame del contratto collettivo applicabile alla fattispecie emerge che appartengono al livello sesto (che corrisponde ad un livello inferiore rispetto a quello attribuito alla ricorrente, inquadrata nel livello sesto super) “…i lavoratori che svolgono attività che richiedono un normale addestramento pratico ed elementari conoscenze professionali…” tra cui il commis di bar (ex aiuto barista) che esplica “…mansioni di ausilio nei riguardi del personale di categoria superiore, eccezione fatta per quelle attività che siano attinenti all’uso delle macchine da caffè ed alle operazioni di mescita delle bevande alcoliche o superalcoliche…”. Ne deriva che l’argomentazione difensiva relativa alla mancata possibilità di adibire la ricorrente ad una mansione superiore, che peraltro risulta in contrasto con l’assegnazione di fatto di mansioni superiori, prevalentemente amministrative, nella sede di Castiglione delle Stiviere (cfr. lettera di trasferimento e pagina 7 del reclamo), non risulta fondata essendo previsto nel contratto collettivo un livello contrattuale inferiore avente ad oggetto compiti di ausilio agli addetti al bar. Ritiene, poi, il Collegio, di dover condividere le motivazioni rese dal giudice della prima fase sia con riferimento alla fungibilità delle mansioni espletate dai dipendenti addetti alla mensa e dai dipendenti addetti al bar sia, ed in particolare, con riferimento alla ritenuta esclusione per le attività di cui al servizio bar del medesimo sforzo fisico richiesto agli addetti alla mensa. A tale proposito, invero, il Collegio osserva che dall’esame congiunto delle previsioni contrattuali e delle allegazioni delle parti emerge che il commis di bar svolge mansioni certamente meno usuranti di quelle svolte dall’addetto alla mensa in quanto l’attività di ausilio in favore del personale di categoria superiore (livello quinto, barista o quarto, cassiere) e consistenti nel lavaggio dei locali e di tutte le apparecchiature, nello smaltimento della spazzatura, (cfr. pagina 14 del reclamo), nella preparazione di bevande calde, nella cottura dei cibi con teglie, nel lavaggio delle teglie e di altro pentolame (cfr. pagina 15 del reclamo) richiedono certamente uno sforzo fisico inferiore rispetto a quello dovuto per il trasporto manuale del vitto da distribuire presso i reparti dell’Ospedale (situati anche all’esterno) mediante lo spostamento di n. 3 carrelli; il lavaggio degli utensili e delle attrezzature utilizzati nelle cucine, la pulizia dei piani cottura; lo smaltimento dei rifiuti della cucina e del vitto servito mediante il trasporto manuale dei sacchi nei siti posti all’esterno dell’Ospedale adibiti a raccolta (cfr. pagg. 3 del reclamo e 2 del ricorso ex art. 700 c.p.c.). Infatti, il trasporto manuale del vitto con lo spostamento di tre carrelli non è previsto nel servizio bar, il lavaggio degli utensili e delle attrezzature utilizzati nel servizio bar sicuramente richiede un impegno fisico inferiore rispetto al lavaggio degli utensili e delle attrezzature utilizzati nelle mense tenuto conto sia del rispettivo peso (basti pensare ai pentolini utilizzati per la preparazione di bevande calde e alle pentole di grandi dimensioni utilizzate per cucinare) sia dell’accumulo di alimenti da eliminare che si presenta certamente maggiore nel servizio mensa rispetto al servizio bar.

In conclusione, ritiene il Collegio che la mansione di aiuto barista (recte commis di bar) che svolge le mansioni sopra riferite con esclusione di quelle relative all’uso delle macchine da caffè e di preparazione delle bevande alcoliche e superalcoliche (cfr. art. 54 del contratto collettivo) sia perfettamente compatibile con lo stato di salute della parte reclamata. Preme, peraltro, precisare che M R G è risultata inidonea permanentemente alla mansione di addetta alla mensa e che, diversamente da quanto dedotto dalla società, il certificato del 5.7.2019, rilasciato alla lavoratrice e in atti, non certifica l’inidoneità alla mansione di barista, ma riporta nel paragrafo 9 relativo al giudizio di idoneità una spunta (X) nel riquadro relativo all’idoneità alla mansione di barista. Viceversa la certificazione difforme prodotta in atti dalla società non risulta utilizzabile dal Collegio sia per la difformità evidente con quanto prodotto dalla lavoratrice sia in ragione della carenza di allegazioni in ordine alla surriferita difformità da parte della società sia infine per la non infondatezza della tesi dell’illegittimità dello stesso per violazione del diritto alla privacy. Infine, anche la doglianza relativa alla carenza di esperienza pluriennale da parte della ricorrente, richiesta per l’assegnazione delle mansioni di cui al livello sesto, non trova alcun riscontro in quanto non si vede come possa sostenersi l’assenza di esperienza in chi come la ricorrente lavora per la società dal mese di dicembre del 2004 eseguendo attività di superiore livello contrattuale. Con riferimento alla deduzione circa l’impossibilità di collocare la dipendente al bar senza pregiudicare la posizione di altri dipendenti ai quali sarebbe assegnata una mansione inferiore e cioè quella di addetto alla mensa, vale osservare che l’assegnazione alla ricorrente della mansione di aiuto barista, lungi dal comportare l’assegnazione di uno dei dipendenti addetti al bar al servizio mensa, può essere attuata senza alcuna modifica dei turni e dei compiti affidati agli altri dipendenti ivi addetti in considerazione della circostanza dirimente che, in seguito alle dimissioni del dipendente C, è stata assunta, evidentemente perché ritenuta necessaria, una dipendente proprio al servizio bar con contratto che è prossimo a scadere e quindi tenuto conto della necessità di una nuova risorsa al servizio menzionato. In conclusione deve condividersi pienamente la motivazione del giudice della prima fase che, in ossequio al principio dei ragionevoli accomodamenti, ha ritenuto disponibili nell’organizzazione aziendale della società Innova spa posizioni professionali compatibili con lo stato di salute della ricorrente.

Con riferimento al periculum in mora, ritiene il Collegio che, allo stato dell’attuale cognizione cautelare e sommaria imposta dalla natura del rito azionato, può certamente dirsi sussistente anche il requisito in esame. Nel caso di specie, infatti, la parte ricorrente, odierna reclamata, lavoratrice part time per cinque ore di lavoro al giorno e con uno stipendio netto pari ad euro 975,00 (cfr. busta paga settembre 2018) non potrebbe certamente provvedere al suo sostentamento in una città così distante dalla propria residenza con conseguente pregiudizio irrimediabile della sua condizione di vita, sia personale che patrimoniale.

Sulle suesposte considerazioni, il reclamo deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate tenuto conto del valore della causa, dei valori medi di cui al Dm 2014 n. 55 e del mancato svolgimento della fase istruttoria.

P.Q.M.

il Tribunale di Avellino, nella composizione sopra riportata, così provvede:

-rigetta il reclamo;

-condanna la parte reclamante Innova spa al pagamento delle spese processuali in favore della parte reclamata Maria Rosaria Guarino che liquida in euro 3.645,00 per compensi, oltre rimborso forfettario nella misura del 15 per cento, iva e cpa come per legge con attribuzione ai legali che hanno dichiarato di averne fatto anticipo.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della reclamante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis (D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

Coì deciso nella camera di consiglio del 30.8.2019

Il giudice relatore Il Presidente

Dott.ssa Paola Beatrice dott. Giuseppe De Tullio