Discriminazione razziale, mancata concessione dell’assegno nucleo familiare ai cittadini extracomunitari, Corte D’Appello Torino, sentenza del 3 dicembre 2013

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO

SEZIONE LAVORO

Composta da:

Dott. Giancarlo GIROLAMI          PRESIDENTE

Dott.ssa Gloria PIETRINI               CONSIGLIERE

Dott.ssa Rita MANCUSO              CONSIGLIERE Rel.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A

nella causa di lavoro iscritta al n.ro  1330/2012    R.G.L.

promossa da:

I.N.P.S. – ISTITUTO Nazionale della Previdenza Sociale -,  C.F. 80078750587, in persona del Legale Rappresentante pro tempore, Dott. Antonio Mastropasqua, con sede in Roma, Via Ciro il Grande 21, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Tommaso Parisi e Franca Borla, per procura generale alle liti conferita  con atto a rogito del dott. Paolo Castellini, Notaio in Roma, in data 23 Dicembre 2011, Rep. n. 77778/19476, registrata all’Agenzia delle Entrate – Ufficio Territoriale di Roma 1, in data 28 dicembre 2011 al n. 46427 serie 1T, la quale, elegge domicilio in Milano, Piazza Giuseppe Missori n. 8/10.

APPELLANTE

CONTRO

V. E. R., – . – nato a …. il ….. e residente in ……, rappresentato e difeso dagli avvocati Alberto Guarisio e Chiara Calderoni con studio in Milano, Viale Regina Margherita 30, come da delega a margine del ricorso introduttivo del giudizio depositato presso la cancelleria del Tribunale di Alessandria.

APPELLATO

E  CONTRO

COMUNE di TORTONA –

                                                                                APPELLATO CONTUMACE

Oggetto: Ricorso ex art. 702 quater c.p.c..

CONCLUSIONI

Per l’appellante: come da ricorso depositato in data 17.10.2012

Per l’appellato-Serrano Vera Edison Rafael: come da memoria depositata in data 06.09.2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 28.3.2012 diretto al Tribunale di Tortona il sig. S V  E R, premesso di essere titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lunga durata e di avere tre figli minori tutti facenti parte del suo nucleo familiare, evocava in giudizio il COMUNE di TORTONA e l’INPS e proponeva azione ex artt. 4 d.lgs. n. 215/03, 44 d.lgs. n. 286/98 e 702 bis c.p.c., deducendo che il diniego dei convenuti alla corresponsione dell’Assegno per il Nucleo Familiare (ANF) previsto dall’art. 65 L. n. 448/1998 costituisse comportamento discriminatorio perché adottato, in violazione del principio di parità di trattamento, in ragione del suo status di cittadino straniero soggiornante di lungo periodo, sicchè chiedeva, in conclusione, che accertato il carattere discriminatorio della condotta tenuta dall’INPS e/o dal COMUNE di TORTONA consistente nell’aver negato l’assegno predetto, fosse ordinato ad entrambi i convenuti, nelle rispettive qualità e competenze, di cessare la condotta discriminatoria, con conseguente condanna dei medesimi al pagamento dell’ANF per gli anni 2010 e 2011, “con riserva per i periodi successivi”, per un ammontare complessivo di euro 3.401,58, oltre interessi e col favore delle spese.

L’INPS, costituendosi con memoria, eccepiva l’inammissibilità del ricorso  per difetto dei presupposti dell’azione esperita nonché il proprio difetto di legittimazione passiva, assumendo le conseguenti conclusioni.

Restava contumace il COMUNE di TORTONA.

Parte ricorrente precisava in corso di causa la propria domanda con riferimento agli anni 2011-2012, quantificandola quindi in complessivi euro 4.575,30 e il Tribunale adito, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. resa in data 21-22.9.2012, respinte le eccezioni proposte dall’INPS, accogliendo le prospettazioni del S V, dichiarava il carattere discriminatorio della condotta tenuta dal COMUNE di TORTONA e dall’INPS consistita nell’aver negato al ricorrente, in quanto cittadino extracomunitario regolarmente soggiornante, l’ANF per gli anni 2010 e 2011 e per 8 mesi nell’anno 2012, ordinava ai convenuti la cessazione della condotta discriminatoria e condannava il COMUNE di TORTONA a riconoscere e l’INPS ad erogare al SERRANO VERA l’importo complessivo di euro 4.575,30 oltre interessi, nonché a rimborsare allo stesso le spese del procedimento.

Avverso detta ordinanza proponeva appello ex art. 702 quater c.p.c. l’INPS con ricorso depositato il 17.10.2012, ribadendo l’eccezione di carenza di legittimazione passiva e l’improcedibilità della domanda e deducendo, comunque, nel merito, l’infondatezza della pretesa del ricorrente.

Resisteva il S Vche, costituitosi con memoria depositata il 6.9.2013, chiedeva la reiezione del gravame col favore delle spese.

Il COMUNE di TORTONA restava contumace anche in questo grado.

All’udienza di discussione del 3.12.2013, dopo l’intervento delle parti costituite, la Corte pronunciava la presente sentenza dando lettura del dispositivo deliberato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione, riproposta dall’INPS nell’appello, circa il proprio difetto di legittimazione passiva è infondata.

Vero è, come si afferma nell’appello, che l’ISTITUTO, relativamente al riconoscimento dell’ANF previsto dall’art. 65 L. n. 448/1998, non ha alcuna facoltà o potere concessorio,  essendo riservata all’esclusiva competenza e determinazione dei Comuni la concessione ovvero il diniego del beneficio assistenziale in questione ed essendo l’INPS solo il soggetto deputato al pagamento  dell’assegno, ma come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza la “legitimatio ad causam”, dal lato attivo e passivo, “consiste nella titolarità del potere e del dovere di promuovere o subire un giudizio in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, mediante la deduzione di fatti in astratto idonei a fondare il diritto azionato, secondo la prospettazione dell’attore, prescindendo dall’effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa, con conseguente dovere del giudice di verificarne l’esistenza in ogni stato e grado del procedimento. Da essa va tenuta distinta la titolarità della situazione giuridica sostanziale, attiva e passiva, per la quale non è consentito alcun esame d’ufficio, poichè la contestazione della titolarità del rapporto controverso si configura come una questione che attiene al merito della lite e rientra nel potere dispositivo e nell’onere deduttivo e probatorio della parte interessata. Fondandosi, quindi, la legittimazione ad agire o a contraddire, quale condizione all’azione, sulla mera allegazione fatta in domanda, una concreta ed autonoma questione intorno ad essa si delinea solo quando l’attore faccia valere un diritto altrui, prospettandolo come proprio, ovvero pretenda di ottenere una pronunzia contro il convenuto pur deducendone la relativa estraneità al rapporto sostanziale controverso” (v. così Cass., n. 14468/08, nonché, fra le altre, Cass., n. 12832/09, nn. 355 e 6132/2008, n. 8040/2006 e nn. 5912, 24457 e 24594/05).

Analogamente infondata è l’eccezione dell’INPS circa l’improcedibilità della domanda giudiziale del S Vperché non preceduta, ai sensi dell’art. 46 L. n.  88/1989,  dal ricorso amministrativo al Comitato Provinciale, atteso che:

  1. a) come si evince dalla normativa che disciplina l’ANF, e come del resto affermato dallo stesso ISTITUTO, l’assegno in parola non è concesso dall’INPS, che assolve unicamente la funzione di ente erogatore del beneficio, ma dai Comuni a seguito di domanda da presentarsi ai Comuni stessi (v. artt. 65, co. 2, L. n. 448 cit., nonché artt. 14-16, 18 e 20 del D.M. 21.12.2000 n. 452 recante le modalità di attuazione dell’art. 65), di talchè non vertendosi in materia di prestazioni concesse dall’INPS non trova certo applicazione nel caso la disposizione invocata dall’ISTITUTO in tema di ricorso amministrativo;
  2. b) risulta infatti documentalmente che mai il sig. S V ha presentato domanda di concessione dell’ANF all’INPS, viceversa risultando tale domanda – proprio come prescritto dalle norme sopra indicate – presentata solo ed unicamente al COMUNE di TORTONA (v. doc. 8 S.V.).

Quanto al merito, il diritto del sig. S V a percepire l’assegno per il nucleo familiare previsto dall’art. 65 L. n. 448/1998 (assegno che, alla luce delle modifiche introdotte dall’art. 80, co. 5, L. n. 388/2000, spetta ai nuclei familiari in possesso di determinati requisiti reddituali nei quali siano presenti il richiedente, cittadino italiano o comunitario, residente nel territorio dello Stato e tre minori di anni 18 conviventi con il richiedente, che siano figli del medesimo o del coniuge o ricevuti in affidamento preadottivo)  non può essere negato per il fatto che lo stesso non riveste lo status di cittadino italiano o comunitario ma di cittadino extracomunitario soggiornante di lungo periodo.

Tale disposizione è, infatti, oggettivamente in contrasto con l’art. 11 della Direttiva 2003/109/CE del 25.11.2003 (“relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo”), che stabilisce che “il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda (…) le prestazioni sociali, l’assistenza sociale e la protezione sociale ai sensi della legislazione nazionale” (primo comma); la Direttiva riconosce agli Stati membri la facoltà di “limitare la parità di trattamento in materia di assistenza sociale e protezione sociale alle prestazioni essenziali” (quarto comma), ma avverte che “la possibilità di limitare le prestazioni per soggiornanti di lungo periodo a quelle essenziali deve intendersi nel senso che queste ultime comprendono almeno un sostegno di reddito minimo, l’assistenza in caso di malattia, di gravidanza, l’assistenza parentale e l’assistenza a lungo termine” (13° “considerando”).

La Direttiva 2003/109/CE è stata recepita (tardivamente) nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. n. 3/2007, che ha modificato il D.Lgs. 286/1998 (T.U. sull’immigrazione): con il nuovo testo dell’art. 9, comma 12, lett. c), di detto D.Lgs., lo straniero extracomunitario titolare del permesso di soggiorno di lungo periodo è stato ammesso a godere, tra l’altro, “delle prestazioni di assistenza sociale, di previdenza sociale … salvo che sia diversamente disposto e sempre che sia dimostrata l’effettiva residenza dello straniero sul territorio nazionale”.

Il principio del 13° “considerando” della Direttiva, peraltro, induce a ritenere che l’assegno per i nuclei familiari con almeno tre figli – essendo fondato sulla limitatezza delle risorse economiche del richiedente (v. il limite di reddito previsto dall’art. 65 L. 448/1998) – rientri tra le prestazioni essenziali secondo i principi dell’Unione, poiché è diretto ad assicurare “almeno un sostegno di reddito minimo” e “l’assistenza parentale”, nonché  a riconoscere diritti strumentali a rapporti che hanno tutela diretta nel nostro ordinamento a livello Costituzionale (artt. 29, 1° comma, e 31, 1° comma, Cost.).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sent. 24.4.2012, causa C-571/10, Kamberaj) ha affermato, in proposito, che “dal momento che l’integrazione dei cittadini di paesi terzi stabilitisi a titolo duraturo negli Stati membri ed il diritto di tali cittadini al beneficio della parità di trattamento nei settori elencati all’art. 11, paragrafo 1, della Direttiva 2003/109 costituiscono la regola generale, la deroga prevista al paragrafo 4 di tale articolo deve essere interpretata restrittivamente” (punto 86); tale deroga può essere invocata “unicamente qualora gli organi competenti dello Stato membro interessato per l’attuazione di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l’intenzione di avvalersi della deroga suddetta” (punto 87); “conformemente all’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali, l’Unione riconosce e rispetta il diritto all’assistenza sociale e all’assistenza abitativa volte a garantire un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti”, sicché, qualora un sussidio risponda alla finalità enunciata nell’art. 34 della Carta di Nizza, “non può essere considerato, nell’ambito del diritto dell’Unione, come non compreso tra le prestazioni essenziali ai sensi dell’art. 11, paragrafo 4, della Direttiva 2003/109” (punto 92).

Quand’anche, invece, non si volesse considerare l’assegno per i nuclei familiari con almeno tre figli come compreso tra le prestazioni essenziali secondo i principi dell’Unione, basterebbe osservare che la deroga al principio della parità di trattamento –astrattamente possibile, in virtù della facoltà concessa dall’art. 11, comma 4, della Direttiva 2003/109/CE con riferimento alle prestazioni non essenziali – non è stata disposta dal legislatore italiano né con il D.Lgs. n. 3/2007, di attuazione della Direttiva, né con disposizioni successive (come rileva la stessa CGUE al punto 88 della sentenza Kamberaj) e che, certamente, una valida deroga non può essere ricercata – come vorrebbe l’INPS, che invoca, in proposito, l’art. 80, comma 19, L. 388/2000 – nelle disposizioni di legge precedenti nel tempo rispetto al D.Lgs. n. 3/2007: non è ipotizzabile, infatti, che il legislatore, nel momento in cui ha recepito nell’ordinamento interno un principio di parità di trattamento di portata generale tra cittadini comunitari e stranieri soggiornanti di lungo periodo, abbia inteso mantenere in vigore le restrizioni previste dalla legislazione previgente, che comportavano oggettive disparità di trattamento (in particolare, l’art. 80, commi 5 e 19, cit., che limitava il diritto all’assegno previsto dall’art. 65 L. n. 448/1998 ai soli cittadini italiani e comunitari).

Pertanto, un’interpretazione dell’art. 65 L. 448/1998 (come modificato dall’art. 80, 5° comma, L. 388/2000) nel senso di escludere gli extracomunitari soggiornanti di lungo periodo dai soggetti che, in presenza di determinate condizioni di reddito, possono fruire dell’assegno per i nuclei familiari con almeno tre figli si porrebbe in contrasto non solo con le norme comunitarie (art. 11 della Direttiva 2003/109/CE) ma anche con la legislazione nazionale che le ha recepite [art. 9, comma 12, lett. c), del D.Lgs. 286/1998, come modificato dal D.Lgs. 3/2007].

Per tutte le considerazioni sopra esposte, la condotta tenuta dal Comune appellato, che ha persino omesso di pronunciarsi sulla domanda del S V, implicitamente negandogli il diritto all’assegno in parola, deve essere ritenuta discriminatoria, in quanto ha comportato una disparità di trattamento, vietata dalla normativa vigente (v. art. 3 D.Lgs. 215/2003), fondata sull’origine etnica del richiedente.

Dunque, l’ordinanza del Tribunale che ha condannato il COMUNE di TORTONA a riconoscere e l’INPS ad erogare al S V l’assegno per gli anni e i periodi richiesti (2010, 2011 e 8 mesi del 2012), dev’essere confermata, con conseguente reiezione del gravame dell’INPS, dovendosi solo rilevare che detta conferma non trova ostacolo nell’obiettiva assenza di un comportamento discriminatorio in capo all’ISTITUTO (che in effetti non ebbe mai a tenere nei confronti del S V alcun comportamento discriminatorio, essendo stata la domanda di ANF presentata solo al COMUNE di TORTONA, rimasto silente, e che anzi per l’intero anno 2009, a seguito di accoglimento della domanda da parte del cit. COMUNE, erogò al S V  l’assegno in questione), atteso che appunto all’INPS compete la concreta erogazione del beneficio.

Nonostante la reiezione del gravame, attese le circostanze sopra esposte, pare equo compensare le spese fra l’INPS ed il S V e condannare invece il COMUNE di TORTONA a rimborsare a quest’ultimo le spese del presente grado, spese che vengono liquidate come in dispositivo ex D.M. n. 140/2012.

Di dette spese deve infine disporsi la distrazione ai sensi dell’art. 93 c.p.c.

P . Q . M .

Visto l’art. 437 c.p.c.,

respinge l’appello;

condanna il Comune di Tortona a rimborsare al sig. S le spese del presente grado, liquidate in euro 2.200,00 oltre Iva e Cpa, con distrazione a favore del difensore;

compensa le spese nei confronti dell’INPS.

Così deciso all’udienza del 3.12.2013.

IL CONSIGLIERE est.                   IL PRESIDENTE

Dott.ssa Rita MANCUSO         Dott. Giancarlo GIROLAMI