Discriminazione indiretta di genere, Corte d’Appello di Torino, sentenza del 10.04.2014, in riforma della sentenza del Tribunale di Torino 11 giugno 2013

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

\LA CORTE D’APPELLO DI TORINO

SEZIONE LAVORO

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella causa di lavoro iscritta al n.ro 1003/13 R.G.L.

Promossa da:

AGENZIA DELLE ENTRATE ( C.F. ……) in personale del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliataria in Corso Stati Uniti n. 45

APPELLANTE

CONTRO

R.M (C.F. ……), nata il ……, a ……, ed ivi residente in via ……………., rappresentanta e difesa dal’avv. Alberto Biscaro ed elettivaelettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Cordero di Pamparato n. 6 in forza di procura  margine del provvedimento d’urgenza ex art. 38 del D.Lgs 198/2006-

APPELLATA

Oggetto: Altre ipotesi

CONCLUSIONI

Per l’appellante:

Come da ricorso depositato il 07/09/2013

Per l’appellata:

Come da memoria depositata il 31/03/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso ex art. 38 del D.Lgs 198/06 R. G. conveniva in giudizio l’Agenzia delle Entrate esponendo:

-di essere stata assunta con contratto a tempo determinato in data 1° marzo 2004 con qualifica di funzionario Tributario terza area F1 (ex C1) e –dal 15.11.2004- di aver mutato il rapporto di lavoro in un contratto a tempo parziale verticale al 50% articolato su due giorni lavorativi di 9 ore l’uno (lunedi e mercoledi) per motivi di studio;

-di aver lavorato, a far data dal 15.11.2004, in regime di part-time al 50% presso l’ufficio locale di Cuorgné e di aver svolto la pratica legale in Torino, di essersi abilitata alla professione di avvocato, di essersi sposata e di aver avuto –in data 2.7.2008- la primogenita di nome R;

-di aver successivamente trasferito, in data 18 marzo 2009, la propria sede di lavoro in Torino presso il neonato Ufficio GrandiContribuenti della Direzione Regionale del Piemonte e di aver ottenuto la modifica del proprio contratto di part-time la cui durata della prestazione passava, cosi, dal 50% per 18 ore a settimana con modalità verticale su due giorni lavorativi ad una prestazione di lavoro di 30 ore a settimana articolate su cinque giorni lavorativi di sei ore ciascuno pari all’83,33% del lavoro a tempo pieno;

-di aver dato alla luce, in data 16 gennaio 2010, il suo secondogenito A;

-di aver partecipato alla procedura selettiva di sviluppo economico del personale avviata dall’Agenzia delle Entrate in data 30.12.2010;

-che nel bando, alla voce ‘esperienza di servizio maturata’ si richiedeva di indicare 2,5 punti per ogni anno o frazione di anno di esperienza maturata nell’area di appartenenza e 1,5 punti di esperienza di servizio maturata nell’area di appartenenza in fasce retributive diverse da quella attuale;

-che inoltre, al diploma di laurea specialistico (vecchio ordinamento) venivano riconosciuti 22 punti mentre alle abilitazioni professionali 1,5 punti;

-di essersi vista assegnare, in sede di graduatoria, il punteggio di 35,25 a fronte di quello di 37,76 a seguito del riproporzionamento al rialzo della propria anzianità di servizio a causa del part-time risultando, per l’effetto, esclusa dalla progressione economica dalla fascia retributiva di appartenenza F2 a quella in F3, con conseguente mancato riconoscimento degli arretrati tutti a decorrere dal 1° gennaio 2010;

…….

-di aver presentato reclamo, respinto dalla Agenzia delle Entrate;

-di essersi visto poi, a seguito di conteggio di rettifica, ulteriormente ridurre il proprio punteggio a punti 32,75 mentre, a suo dire, glie ne sarebbero spettati cinque in più;

-di ritenere che il punteggio minore riconosciutole sia discriminatorio in quanto l’Agenzia delle Entrate opera un calcolo (diverso da quello operato dalla ricorrente ed a lei più sfavorevole) dei tempi di acquisizione del requisito della “esperienza di servizio maturata”, nei confronti de lavoratori a part-time, che si basa sulla applicazione della nota D.C. Personale (prot. 2012/35465) del 5.3.2012 a firma del direttore generale dott. Pastorello e successive note di chiarimento, comportante la valutazione del requisito della “esperienza di servizio maturata” in modo proporzionale alla percentuale del tempo lavorato ogni anno, dal che consegue, con evidenza, che chi ha lavorato part-time si vede conteggiato un tempo utile minore rispetto a chi ha lavorato full-time e, per tale ragione, sussisterebbe la discriminazione tra lavoratori part-time e lavoratori full-time, discriminazione di cui la ricorrente sarebbe in concreto vittima;

-conseguentemente ella chiedeva l’accertamento della sussistenza di una discriminazione di genere ex art. 25 del D.Lgs 198/06, l’ordine alla Agenzia delle Entrate di cessare immediatamente tale condotta discriminatoria e, per l’effetto, riconoscerle il superiore punteggio di 37,76, dichiarandola vincitrice della procedura per la progressione economica da F2 ad F3 con conseguente e contestuale erogazione a suo favore delle differenze retributive dal 1° gennaio 2010.

Il tribunale, con sentenza in data 11.6/23.7.2013, accoglieva, in parte, le domande, ritenendo di non poter procedere a dichiarare la ricorrente vincitrice della graduatoria, ma accertava la discriminazione di genere, ordinava alla Agenzia delle Entrate di cessare immediatamente dalla suddetta condotta discriminatoria e cioè di riconoscere alla ricorrente il punteggio per l’esperienza di servizio che le sarebbe spettato senza l’abbattimento di punti percentuale parametrato al part-time, ordinando la pubblicazione della sentenza.

Propone appello contro questa sentenza l’Agenzia delle Entrate con ricorso depositato in data 7.9.2013; si costituisce la R che resiste all’appello.

La Corte decide la causa in data 10.4.2014 come da dispositivo in calce.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Occorre affrontare in primis il problema della eventuale necessità di integrare il contraddittorio con C M.

Infatti, per quanto il Tribunale affermi, nella sentenza, concordando in ciò con quanto asserito dalla appellata nella memoria di costituzione in questo grado, che nel caso di specie non si verte in ipotesi di annullamento della graduatoria con conseguente suo integrale rifacimento, tuttavia la decisione di riconoscere alla ricorrente il maggiore punteggio da lei richiesto comporta l’effetto di modificare, di fatto la graduatoria, facendo salire la ricorrente a posizioni diverse e superiori, con conseguente e correlativa discesa dei concorrenti che la precedevano fino a punti 37,76 e, in particolare, incedendo decisivamente sulla posizione del C che, ultimo dei vincitori, per effetto del riposizionamento davanti a lui della R, dovrà necessariamente essere escluso dal novero dei vincitori.

E’ di tutta evidenza, infatti, che se l’Agenzia delle Entrate deve attribuire alla R il punteggio di 37,76 in luogo di quello di 32,75 in precedenza riconosciutole, proprio al fine di dare attuazione alla sentenza e rimuovere gli effetti conseguenti a quel primo punteggio ritenuto (forse a torto, ma di questo oggi non si può discettare) discriminatorio la R dovrà essere collocata in posizione di graduatoria più avanzata, come confacente con il nuovo punteggio, provocando cosi lo scorrimento verso il basso, di una posizione, di tutti coloro che hanno conseguito punteggi tra 32,50 e 37,76.

Per costante giurisprudenza, i litisconsorti necessari sono sempre e tutti coloro nei cui confronti la decisione è destinata a produrre effetti diretti in ragione della comunanza della situazione giuridica, complessa ma unitaria, e della domanda implicita di riformulazione della graduatoria che esplica i suoi effetti nei confronti di tutti i partecipanti coinvolti dai necessari raffronti.

Nel caso di specie la ricorrente proprio questo ha chiesto e non si è limitata a formulare una domanda meramente risarcitoria.

Sostenere che ci si può limitare a rettificare il punteggio della R senza incidere sulla graduatoria che non verrebbe quindi modificata è, oltre che una assurdità logica, una mera finzione giuridica atta a camuffare un risultato che non è consentito, in queste condizioni, dalla legge.

La causa deve pertanto essere rimessa al Tribunale di Torino.

L’appellante deve conseguentemente al mancato accoglimento della sua domanda essere condannata al pagamento delle spese di lite dei due gradi di giudizio a favore della parte appellata vittoriosa, spese che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Visti gli artt. 354 e 437 c.p.c.,

in accoglimento dell’appello, rimette le parti avanti al tribunale di Torino per l’integrazione del contraddittorio con C M;

condanna l’appellata a rimborsare all’appellante le spese d entrambi i gradi liquidate per il primo grado in euro 3.000,00 e per il presente in euro 4.000,00 oltre Iva e Cpa.

Così deciso all’udienza del 10.4.2014