Molestie, trasferimento a seguito di denuncia della lavoratrice, Tribunale di Torino, decreto del 7 maggio 2020

TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO

SEZIONE LAVORO

 

Procedimento ex art. 38 D.Lgs. 198/2006 n. 553/2020 R.G.L., promosso da:

 

L M. ,C.F………,elettivamente domiciliata in Torino, via Confienza n. 5 presso lo studio degli Avv.ti Franco Bonardo, Corrado Guarnieri, Francesca Romana Guarnieri, Benedetta Bonardo, dai quali è rappresentata e difesa per procura allegata al ricorso

RICORRENTE

contro:

 X ………….,P. IVA, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, Sig. .., con sede in, Piazza, ed elettivamente domiciliata in …in Via …. n. …….., presso lo studio dell’Avv. Maria Teresa Sini del Foro di Torino che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’Avv. Massimo Goffredo del Foro di Milano, per procura allegata alla comparsa costitutiva

RESISTENTE

 

La Giudice del lavoro,

a scioglimento della riserva formulata all’udienza del 30/4/2020 ha pronunciato il seguente

 

DECRETO

Con ricorso ex art. 38 D.Lgs. 198/2006, depositato il 27/1/2020 parte ricorrente ha chiesto:

-che venisse accertata la natura discriminatoria del provvedimento di assegnazione presso l’unità produttiva sede R di …,via C…. n. …,posta in essere a suo danno da X …… datore di lavoro a seguito della denuncia di molestie sessuali subìte dalla ricorrente sul luogo di lavoro da parte del suo superiore gerarchico e della richiesta di ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento uomo-donna;

-che fosse ordinato alla cooperativa convenuta di cessare dalla condotta illegittima e discriminatoria con rimozione degli effetti ed, in particolare, con la riassegnazione di parte ricorrente all’appalto R di via … (…) con la stessa articolazione del suo orario lavorativo ante trasferimento;

-con vittoria di spese ed onorari di procedura.

La resistente, costituendosi in giudizio, ha contrastato la pretesa della ricorrente secondo la quale il trasferimento sarebbe stato adottato in conseguenza della richiesta di ripristino della parità di trattamento uomo-donna;  in particolare la convenuta ha sottolineato come l’assegnazione della lavoratrice ad un’altra unità produttiva fosse l’unico modo per proteggerla, non potendo optare per la diversa soluzione del trasferimento ad altra unità produttiva dell’autore delle molestie, dal momento che quest’ultimo sarebbe stato l’unico in grado di rivestire il ruolo di caposquadra e referente dell’impianto presso il cliente, ed in possesso-a differenza della ricorrente -di speciale abilitazione per la conduzione dei macchinari.

Parte resistente per questi motivi chiedeva:

-preliminarmente la declaratoria di improcedibilità del ricorso perché introdotto su materia esclusa da quelle azionabili con il rito di cui all’art. 38 d.lgs. 198/2006;

-nel merito il rigetto del ricorso.

La ricorrente, dipendente a tempo pieno della X….. in qualità di addetta alle pulizie assegnata all’appalto presso la R , di …. via R…. (con orario di lavoro giornaliero 6–14) denunciava alla convenuta, mediante lettera inviata a mezzo PEC il 5 dicembre 2019, di essere stata vittima di molestie sessuali e altri comportamenti vessatori sul luogo di lavoro da parte del suo superiore gerarchico F…. B….,e chiedeva il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.

Parte resistente, in seguito alla denuncia pervenuta il 5/12/2019, riteneva opportuno, per salvaguardare l’integrità fisica e la personalità morale della ricorrente ex art. 2087 c.c., assegnarla ad altra unità produttiva onde sottrarla al contatto con il B.

La resistente comunicava pertanto alla sig.ra L con lettera datata 20/12/2019 (doc. n. 4di parte ricorrente) e ricevuta il 2/1/2020 la sua assegnazione presso altra sede dell’appalto R, in … via C….,con l’orario lavorativo giornaliero spezzato in essere in tale sede (6-11 e 17.30-20.30).

Parte resistente precisava come la facoltà di trasferire la dipendente ad una diversa unità produttiva fosse prevista dal contratto individuale di lavoro, ai sensi del quale la ricorrente è genericamente adibita “alle sedi degli appalti R di ….” senza specificazione di quale sede tra le due site in Torino, e con indicazione del monte ore lavorative complessive (40 h settimanali) senza predeterminazione dell’articolazione oraria.

Dal tenore letterale della lettera datoriale datata 20/12/2019 (che recita testualmente: “con la presente Le comunichiamo che, in conseguenza del fatto che lei tramite i suoi legali ha lamentato situazioni di incompatibilità con il responsabile dell’impianto in cui attualmente opera, con decorrenza dal 27 dicembre 2019 disponiamo la sua assegnazione all’unità produttiva «R» di via …. Torino, ove osserverà l’orario lavorativo dal lunedì al venerdì dalle 6,00 alle 11,00 e dalle 17,30 alle 20,30”) emerge inequivocabilmente, ed è stato confermato in sede di discussione, il nesso di consequenzialità tra la denuncia presentata dalla ricorrente e la decisione datoriale di trasferirla ad altra sede lavorativa con modificazione dell’articolazione oraria giornaliera.

L’eccezione preliminare di improcedibilità del ricorso ex art. 38 d.lgs. 198/2006 avanzata da parte resistente (per la quale tale azione non sarebbe esperibile al di fuori dei casi specificamente elencati nella norma stessa, ed in particolare da parte del singolo avverso una qualche forma di discriminazione a valenza individuale ed in assenza di pericolo)non è accoglibile..

Il tenore letterale della disposizione in esame prevede espressamente la legittimazione processuale del singolo lavoratore: “Qualora vengano poste in essere discriminazioni in violazione dei divieti di cui al capo II del presente titolo o di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, o comunque discriminazioni nell’accesso al lavoro, nella promozione e nella formazione professionale, nelle condizioni di lavoro compresa la retribuzione, nonché in relazione alle forme pensionistiche complementari collettive di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, su ricorso del lavoratore….il tribunale in funzione di giudice del lavoro del luogo ove è avvenuto il comportamento denunziato, nei due giorni successivi, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga sussistente la violazione di cui al ricorso, oltre a provvedere, se richiesto, al risarcimento del danno anche non patrimoniale, nei limiti della prova fornita, ordina all’autore del comportamento denunciato, con decreto motivato ed immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti”.

In base all’art 25 d.lgs. 198/2006“costituisce discriminazione diretta…qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.”; l’art. 26 ricomprende nella nozione di discriminazioni anche le molestie (definite come quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso) sul posto di lavoro.

 

Ricostruito così il quadro normativo di riferimento, ne deriva che nel caso de quo il ricorso è esperibile in quanto proposto avverso “discriminazioni….nelle condizioni di lavoro”: lamenta infatti la ricorrente che, in seguito alla denuncia delle molestie subìte e alla richiesta di ripristino della parità di trattamento uomo-donna, sarebbe stata destinataria di un provvedimento datoriale vessatorio incidente in senso peggiorativo sulle sue condizioni lavorative.

Infine si considera risolutivo a questo proposito il disposto dell’art. 41 bis d.lgs. 198/2006 che testualmente recita: “La tutela giurisdizionale di cui al presente capo si applica, altresì, avverso ogni comportamento pregiudizievole posto in essere, nei confronti della persona lesa da una discriminazione o di qualunque altra persona, quale reazione ad una qualsiasi attività diretta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne”.

Nel merito, la difesa della resistente contesta in primo luogo la natura pregiudizievole del provvedimento adottato rilevando che lo stesso risulterebbe addirittura vantaggioso per la ricorrente, in quanto la sede R… di via … sarebbe più vicina alla sua abitazione (sita in L.go ….); inoltre la resistente rileva che il provvedimento datoriale, lungi dal costituire un vero e proprio trasferimento, costituirebbe invece una lecita assegnazione della lavoratrice ad altra sede R…, in base a specifica previsione del contratto individuale di lavoro, ai sensi del quale la ricorrente è genericamente assegnata alle pulizie delle sedi R di Torino senza specificazione di quale tra le due sedi cittadine.

Tali asserzioni potrebbero apparire condivisibili; tuttavia il trasferimento presso la sede R.. più vicina all’abitazione della ricorrente comporta, per ragioni tecnico-organizzative, una diversa articolazione oraria giornaliera (orario spezzato, con ampio intervallo) tale da imporre di fatto alla lavoratrice un doppio tragitto casa-lavoro, ed un impegno coinvolgente sia la prima mattinata (6-11) che il tardo pomeriggio (17.30-20.30):ciò, in concreto, incide in peius sull’organizzazione della giornata(in precedenza caratterizzata da prestazione continuativa di otto ore in orario 6-14), determinando un complessivo peggioramento della qualità della vita della lavoratrice; pertanto si ritiene che il provvedimento datoriale adottato comporti una lesione degli interessi della lavoratrice. Si precisa infatti che la nozione di “trattamenti sfavorevoli “di cui all’art. 26 comma III D.Lgs. 198/2006(ai sensi del quale “Gli atti, i patti o i provvedimenti concernenti il rapporto di lavoro dei lavoratori o delle lavoratrici vittime dei comportamenti di cui ai commi 1, 2 e 2-bis sono nulli se adottati in conseguenza del rifiuto o della sottomissione ai comportamenti medesimi. Sono considerati, altresì, discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli da parte del datore di lavoro che costituiscono una reazione ad un reclamo o ad una azione volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne”) può essere intesa ricomprendere anche significativi disagi e condizioni di minor favore rispetto a quelle precedentemente in atto, ancorché non di intensità tale da rientrare nel concetto di danno.

Inoltre, a proposito della facoltà datoriale di assegnare la lavoratrice ad altra sede, si rileva che la normativa di cui all’art. 26, III comma, d.lgs. 198/2006 sopra riportato comprime in maniera radicale tale facoltà a seguito della presentazione della denuncia di discriminazione, ponendo una presunzione di discriminatorietà dei provvedimenti datoriali indirizzati al lavoratore autore della denuncia, posti in essere in consequenzialità con essa. Se durante lo svolgimento fisiologico del rapporto di lavoro l’assegnazione del lavoratore a diversa unità produttiva costituisce una facoltà pienamente lecita del datore di lavoro, in un momento patologico del rapporto il legislatore ha dettato una disciplina speciale protettiva del denunciante, derogatoria rispetto al diritto comune.

Alla luce della documentazione allegate delle affermazioni delle parti è da escludere qualsiasi intento doloso-vessatorio riconducibile alla X…, che ha posto in essere l’atto impugnato con l’unica doverosa finalità di protezione della vittima delle molestie; tuttavia dal complesso delle disposizioni di cui al d.lgs. 198/2006 emerge l’irrilevanza di ogni indagine sui profili di intenzionalità o colpevolezza delle condotte e degli atti posti in essere dal datore di lavoro: per giurisprudenza consolidata, l’illecito discriminatorio assume valenza oggettiva, incentrata unicamente sul concreto effetto più sfavorevole derivato dall’atto datoriale per il denunciante. E’ onere della parte resistente dimostrare che il trattamento riservato alla ricorrente, dopo la presentazione della denuncia atta a ristabilire la parità di trattamento uomo-donna, sia motivato da ragioni oggettive che possono giustificarne la diversa collocazione ambientale.

Nel caso in esame tale onere non risulta soddisfatto. Era infatti specifico onere del resistente, ex art. 40 d.lgs. 198/2006, dimostrare l’insussistenza della discriminazione e, cioè, l’esistenza di valide ragioni atte a giustificare in modo oggettivo il trattamento deteriore riservato alla ricorrente dopo la richiesta di ripristinare la parità di trattamento uomo-donna.

Parte resistente non è riuscita a provare in questo giudizio che il trasferimento della ricorrente fosse l’unico modo per sottrarla –doverosamente –al contatto col molestatore, dal momento che analogo risultato poteva essere ottenuto trasferendo ad altra unità produttiva il superiore gerarchico autore delle condotte moleste. La datrice di lavoro si infatti limitata ad affermare l’impossibilità del trasferimento del sig. B ad altra unità produttiva, senza tuttavia dedurre capitoli di prova o produrre documentazione idonea a dimostrare l’affermata insostituibilità dello stesso nel ruolo di capocantiere e referente presso il cliente nella specifica sede R di via R…;non risulta provato, alla luce della documentazione prodotta, che la società cooperativa resistente, pur disponendo complessivamente di circa 1.400 addetti, non potesse trovare altro caposquadra in possesso dell’abilitazione per l’utilizzo delle attrezzature a spazzole con cui sostituire l’attuale capocantiere presso l’Auditorium di via R…: neppure è stato esplicitato l’organigramma del personale addetto agli appalti R di T…, da cui sarebbe –verosimilmente –emersa la presenza di uno o più soggetti di ruolo omologo al sig. B presso l’impianto di via C….

Nel caso de quo, si ribadisce, la prova della assoluta non praticabilità di scelte alternative rispetto alla decisione di trasferire la ricorrente ad altra unità produttiva con orari differenti non è stata fornita dalla convenuta.

Va pertanto dichiarata la natura discriminatoria del provvedimento adottato da X…. S nei confronti di M L a seguito della presentazione della denuncia di molestie sessuali, e deve ordinarsi alla resistente la cessazione del suddetto comportamento illegittimo e la rimozione degli effetti, mediante il ripristino della sede di lavoro della ricorrente presso la sede R di via …..,con la medesima articolazione oraria ante trasferimento in via ….

Le spese della lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

-dichiara la natura discriminatoria in danno di M L del provvedimento datoriale di assegnazione alla sede R… T… di via ….;

-ordina alla resistente la cessazione del suddetto comportamento illegittimo di riassegnare la ricorrente presso la sede R di via …. con la stessa articolazione oraria originaria;

-condanna parte resistente al rimborso delle spese del giudizio che si liquidano in € 2.190,00oltre rimborso forfetario al 15 %, IVA e CPA come per legge.

Torino, 7 maggio 2020

La Giudice

dr.ssa Lucia Mancinelli

Minuta redatta dal M.O.T.dr. Michele Delli Paoli