Discriminazione di genere, cambiamento orario di lavoro al rientro della maternità. Tribunale di Torino, ordinanza 9 ottobre 2012

 

Il giudice, letti gli atti, sciogliendo la riserva,

premesso che:

  la  ricorrente  chiede,  previo  annullamento  del  provvedimento  di  modifica dell’orario  di  lavoro  adottato  dalla  convenuta  in  data  14.5.2012,  la condanna  della  convenuta  a  ripristinare  il  precedente  orario  di  lavoro dalle 8,00 alle 13,30 e dalle 14,00 alle 16,30;

  Resiste la convenuta contestando sia il fumus sia il periculum;

ritenuto che:

  1. l’orario di  lavoro  imposto  alla  ricorrente  a  decorrere  dal 5.6.2012 è dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 14,00 alle 19,00 e la modifica  dell’orario  è  testualmente  motivata  da  “  esigenze organizzative  rappresentante  dalla  necessità  di  assicurare continuità  al  servizio  di  centralino  e  attesa  l’indisponibilità  del restante  personale  addetto  al  servizio  con  orario  part  time  a variare il proprio orario di lavoro”;
  1. è peraltro  pacifico  in  causa  che  l’esigenza  di  assicurare continuità  al  servizio  di  centralino  esisteva  anche  prima dell’assenza  per  maternità  della  ricorrente    e  che  la  predetta esigenza era soddisfatta con la destinazione della ricorrente al centralino  dalle  8.00  alle  13,00  e  con  la  adibizione  al centralino  della  dipendente  F.  G.  dalle  13,30  alle 19,30;
  1. si tratta  pertanto  di  un’esigenza  organizzativa  che,  in  quanto preesistente, non  può  sostenere  la  modifica  di  orario imposta alla ricorrente;
  1. quanto poi  alla  dedotta  indisponibilità  del  restante  personale addetto  al  servizio  con  orario  part  time  a  variare  il  proprio orario  di  lavoro  ritiene  la  scrivente  che  la  circostanza  sia irrilevante al fine del decidere;
  1. l ‘art  .  56.del  d.gls.  151/2001,  come  modificato  dalla  legge 101/2008, disciplina i diritti della lavoratrice madre  al rientro e alla  conservazione  del  posto  e  testualmente  stabilisce  che  “ Al termine dei periodi di divieto di lavoro previsti dal Capo II e III, le lavoratrici hanno diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità  produttiva  ove  erano  occupate  all’inizio  del  periodo  di gravidanza  o  in  altra  ubicata  nel  medesimo  comune,  e  di permanervi fino al compimento di un anno di età del bambino; hanno  altresì  diritto  di  essere  adibite  alle  mansioni  da  ultimo svolte  o  a  mansioni  equivalenti  nonché  di  beneficiare  di eventuali  miglioramenti  delle  condizioni  di  lavoro,  previsti  dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettati durante l’assenza “.
  1. la convenuta  pertanto  ben  sapeva  che  la  ricorrente  aveva diritto a  riprendere  lo svolgimento della prestazione lavorativa con  le  stesse  modalità,  sia  di  articolazione  oraria  sia  di contenuto  della  mansione  sia  di  retribuzione,  in  essere  prima della  collocazione  in  aspettativa  e  doveva  pertanto organizzare  la  sostituzione  della  ricorrente  nella  prospettiva della  conservazione  del  suo  posto  di  lavoro  nonché  della conservazione dell’orario assegnato;
  1. la convenuta  peraltro  dimostra  il  rifiuto  della  dipendente F  G.,  assunta  in  part  time,  a  vedersi  modificato l’orario  di  lavoro  nel  senso  proposto  della  raccomandata 11.5.2012  ma  nulla  dice  sulle  ragioni  che  hanno    portato  – tramite  una  modifica  dell’orario  di  lavoro  originariamente pattuito  con  la  dipendente-  all’  utilizzazione  della  G sull’orario assegnato alla ricorrente ( nella lettera 20.5.2011 si fa genericamente riferimento a intese verbali );
  1. è altresì  provato  che  la  convenuta  ha  assunto  la  dipendente C  A  con  contratto  a  termine    a  decorrere  dal 13.5.2011 e che l’ha destinata al centralino dalle ore 14,00 alle 19,30;
  1. non solo  quindi  manca  la  prova  della  ragione  giustificatrice della  modifica  di  orario  pattuita  con  la  G,  realizzata  in modo  sospetto  subito  dopo  la  collocazione  della  ricorrente  in aspettativa per maternità, ma vi è anche la prova che l’azienda ha assunto una nuova dipendente assegnandola al centralino nell’orario in precedenza attribuito alla G;
  1. è quindi provato che la modifica dell’orario di lavoro accordata alla  G  non  era  dettata  da  ragioni  obiettive  (  quali  la  sua inutilizzabilità  nell’orario  pomeridiano)  e  che  la  conservazione dell’orario assegnato alla ricorrente era facilmente realizzabile destinando la neo assunta a lavorare al mattino e mantenendo immutato l’orario assegnato alla dipendente in part time;
  1. se è vero che, come rilevato dalla difesa della convenuta, non esiste  un  diritto  soggettivo  alla  conservazione  della  stessa articolazione  oraria  al  rientro  dalla  maternità  posto  che  la norma prima citata garantisce la conservazione del posto nella stessa unità produttiva e con le stesse mansioni è altresì vero che  l’art.  3  del  d.gls.  151/2001  (  come  modificato  dall’art.  2 d.lg.s  5/2010)  vieta  qualunque  discriminazione  per  ragioni connesse  al  sesso  con  particolare  riguardo  ad  ogni trattamento  meno  favorevole  in  ragione  della  maternità  ed  è innegabile  che  la  modifica  dell’orario  integra  un  trattamento meno favorevole per la ricorrente ed è correlato alla maternità avendo l’azienda riorganizzato complessivamente il centralino subito dopo la collocazione in aspettativa per maternità;
  1. sotto il profilo del periculum in mora è sufficiente rilevare che il nuovo  orario di lavoro imposto  alla ricorrente impedisce alla stessa  di  svolgere  la  sua  funzione  genitoriale  posto  che l’orario  del  nido  è  dalle  7,30  alle  16,30  e  pertanto  il  fatto  che ella  sia  tenuta  ad  osservare  l’orario  spezzato  ultimando  la prestazione solo alle ore 19,00 la costringe a ricorrere all’aiuto di una baby sitter per l’intervallo  dalle 16,30 alle 19,00, onere non  sopportabile  dalla  ricorrente  stante  le  sue  documentate difficoltà economiche;
  1. la modifica dell’orario  di  lavoro  adottata  in  coincidenza  con  il rientro  dalla  maternità  comporta  quindi  una  inammissibile dilatazione  del  tempo  di  lavoro  impedendo  di  fatto  alla ricorrente  di  dedicarsi  ai  suoi  compiti  di  madre  e  causandole così un pregiudizio non ristorabile per equivalente;
  1. trattandosi di provvedimento emesso ai sensi dell’art. 700 cpc non  si  provvede  a  fissare  il  termine  per  l’inizio  della  causa  di merito  e si  pongono le spese del procedimento  a carico della convenuta in base al principio di soccombenza;

P.Q. M.

Visti gli art. 669 octies e 700 cpc

In accoglimento del ricorso, ordina  alla  convenuta  di  ripristinare  alla  ricorrente  l’orario  di  lavoro  dalla  stessa

osservato  prima  dell’assenza  per  maternità  e  precisamente  dalle  8,00  alle  13,30  e dalle 14,00 alle 16,30;

pone a carico della convenuta le spese del procedimento liquidate in euro 900,00 oltre Iva e Cpa.

Torino, 9.10.2012

Il Giudice

Drssa Clotilde FIERRO