Discriminazione di genere. Tribunale di Prato, sentenza del 10 settembre 2010.

TRIBUNALE DI PRATO

SEZIONE LAVORO

All’udienza del 10.9.2010, avanti il giudice dott. Vittorio Serra,

nella causa promossa da

F.F.

avv. Micaela Venturi, in qualità di Consigliera di Parità della Provincia di Prato

difese da avv. M. Bruni

contro

Comune di Carmignano difeso da avv. I. Bechini

sono comparsi i procuratori delle parti, che hanno così concluso:

– il difensore delle ricorrenti ha concluso come in ricorso;

– il difensore del convenuto ha concluso come in memoria di costituzione.

Il giudice, ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., dando lettura del dispositivo e della motivazione ha pronunciato, definendo il giudizio, la seguente

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Le ricorrenti hanno chiesto:

– che fosse accertata la condotta discriminatoria nel genere del Comune convenuto;

– che il Comune fosse condannato al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale ed alla pubblicazione a proprie spese della sentenza.

Al riguardo, le ricorrenti hanno allegato che:

– il Comune di Carmignano, nell’aprile del 2009, aveva deciso di assumere un’unità di personale a tempo determinato, per tre mesi, in occasione delle elezioni europee ed amministrative del 6 e 7 giugno 2009, attingendo alla graduatoria di un precedente concorso pubblico per collaboratore professionale amministrativo;

– il 7.4.2009 il Comune aveva preso contatto con la F. (collocata in posizione utile nella graduatoria sopra indicata), chiedendone la disponibilità all’impiego;

– il giorno 8.4.2009 la F. aveva comunicato la propria accettazione;

– all’epoca la F. aveva in corso un contratto di lavoro a progetto della durata di un anno con l’Associazione Rete Nuovo Municipio, con la quale aveva formalizzato sin dal 5.4.2009 una sospensione del rapporto “a far data dal 15.4.2009” “per motivi di incompatibilità con altro contratto di pubblico impiego” (documento 3);

– in data 10.4.2009 il Comune aveva comunicato alla F., che si sarebbe dovuta presentare il giorno 15.4.2009 per la sottoscrizione del contratto;

– nel corso del colloquio, la F. aveva fatto presente di essere al sesto mese di gravidanza;

– in data 14.4.2009 il ragioniere capo del Comune, M. M., aveva chiamato al telefono la F., l’aveva accusata di aver cercato di “raggirare” il Comune e le aveva comunicato che il contratto di lavoro non sarebbe stato sottoscritto;

– in data 15.4.2009 la F. aveva, vanamente, comunicato la propria disponibilità a sottoscrivere il contratto.

  1. Il Comune ha contestato le pretese delle ricorrenti, eccependo che:

– il contratto non poteva essere concluso, ai sensi dell’art. 53 d.l.vo165/01, perché la F. non aveva posto termine al rapporto di lavoro con l’Associazione Rete Nuovo Municipio;

– ciò che aveva detto il M. alla ricorrente non esprimeva la volontà dell’ente;

– la F. era inidonea all’instaurazione del rapporto di lavoro, perché l’astensione obbligatoria nell’ultimo periodo di gravidanza non le avrebbe consentito di svolgere le sue mansioni e di soddisfare lo scopo del contratto.

  1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

3.1. E’ provato che il ragionier M., responsabile dei servizi finanziari del Comune, nel colloquio telefonico del 14.4.2009 ha comunicato alla Fondelli che il contratto non sarebbe stato firmato, perchè “… l’A.C. non era interessata ad avviare un’assunzione per 3 o 4 settimane rispetto all’esigenza di tre mesi per il periodo elettorale, …” (lettera del 4.5.2009; doc. 3).

Le parole del M. non possono considerarsi una semplice espressione di sentimenti personali, dal momento che ad esse ha coerentemente fatto seguito il comportamento dell’ente, che non ha convocato la F. per la sottoscrizione del contratto e non le ha comunicato ragioni diverse da quelle esposte dal M..

Il Comune, peraltro, era a conoscenza della posizione lavorativa della ricorrente sin dal 8.4.2009, e nonostante ciò aveva fissato l’appuntamento del 15 per sottoscrivere il contratto, sicchè è chiaro che riteneva che il problema dell’incompatibilità potesse essere superato.

3.2. Il rifiuto di assunzione determinato dallo stato di gravidanza costituisce evidentemente un’ipotesi di discriminazione fondata sul sesso. È anche chiaro che un atto di tal genere è sanzionato con la nullità assoluta.

3.3. Non ostava alla stipulazione del contratto la disciplina delle incompatibilità prevista dall’art. 53 d.l.vo 165/01, dal momento che la F. aveva sospeso per sei mesi il rapporto di lavoro a progetto, così assicurando la propria esclusiva dedizione al rapporto d’impiego che avrebbe voluto instaurare col Comune.

Ove peraltro quest’ultimo avesse ritenuto necessarie le dimissioni, avrebbe potuto e dovuto farne richiesta alla lavoratrice, lasciando a lei la facoltà di scegliere il rapporto che più la interessava.

3.4. Non vi è dubbio che il rifiuto di assunzione ha impedito alla F. di percepire le retribuzioni cui avrebbe avuto diritto se il contratto fosse stato stipulato.

In concreto, ciò non ha però procurato un danno patrimoniale alla ricorrente, che in sede di interrogatorio libero ha dichiarato (e poi documentato) di essere stata assunta per tre mesi dal Comune di Poggibonsi con contratto analogo a quello che avrebbe dovuto stipulare con Carmignano.

Degli importi ricavati da tale rapporto è necessario tener conto, pur non avendo il Comune sollevato la relativa eccezione nella memoria di costituzione, perché “il cosiddetto “aliunde perceptum” non integri[a] una eccezione in senso stretto e, pertanto, sia[è] rilevabile dal giudice anche in assenza di un’eccezione di parte in tal senso, ovvero in presenza di un’eccezione intempestiva …” (Cass. sez. L. n. 9464 del 21.4.2009).

3.5. L’ingiustificato rifiuto di assunzione ha certo provocato un danno non patrimoniale.

È del tutto ragionevole presumere che la perdita di un’occasione lavorativa, di per se stessa frustrante, abbia cagionato particolare tensione e sofferenza in una persona che, come la F., si trovava nella delicata situazione della gravidanza.

A ciò deve aggiungersi la grave umiliazione derivante dal vedersi negare il diritto al lavoro con motivazioni, reiteramente espresse prima a voce e poi per iscritto, che costituiscono manifesta violazione di principi fondamentali dell’ordinamento comunitario e costituzionale, cui il Comune stesso dichiara formalmente di prestare da sempre attenzione.

Tale genere di danno non può che essere liquidato in via equitativa ed è ragionevole determinarlo in una somma pari all’importo delle retribuzioni che la F. avrebbe percepito se fosse stata assunta.

3.6. Non può invece essere accolta la richiesta di ordinare la pubblicazione della sentenza, che ha una funzione riparatoria del danno, dal momento che la vicenda non ha assunto rilievo pubblico e non è necessario ripristinare, in pubblico, la realtà dei fatti.

3.7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

ogni diversa istanza, eccezione e domanda disattesa:

– dichiara la nullità del diniego di assunzione di F. F. quale collaboratore amministrativo a tempo determinato per le elezioni europee e provinciali del 6-7.6.2009;

– dichiara tenuto e condanna il Comune di Carmignano al pagamento in favore di F. F. della somma corrispondente alla retribuzione complessiva lorda che la ricorrente avrebbe percepito se il contratto fosse stato concluso, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dalle singole scadenze al saldo;

– dichiara tenuto e condanna il Comune di Carmignano al pagamento delle spese processuali, che liquida in complessivi € 2751,00, di cui per diritti 951,00 e per onorari 1800,00, oltre spese generali, c.p.a ed i.v.a. come per legge.

Prato, 10.9.2010

il giudice del lavoro

dott. Vittorio Serra