Discriminazione di genere, Tribunale di Pistoia sezione lavoro, sentenza del 7 giugno 2016

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

REPUBBLICA ITALINA

TRIBUNALE CIVILE DI PISTOIA

SEZIONE LAVORO

 

Il giudice dott.ssa Maria De Renzis, in funzione del giudice del lavoro, nella pubblica udienza del 7 giugno 2016, ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

Nella causa RG 129/2011 promossa :

DA

  1. M. G, rapp.ta e difesa dall’Avv. MARICA BRUNI, presso il cui studio in Pistoia, Piazzetta Romana n. 1, è elettivamente domiciliata come da procura a margine del ricorso

RICORRENTE

CONTRO

COMUNE DI PISTOIA, in personale del suo sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in Pistoia, Via XXVII Aprile n. 17, presso il Servizio degli Affari Legali del Comune, rappresentato e difeso dagli Avv.ti VITO PAPA, FEDERICA PACI, SERENA ANDREINI giusta determinazione del dirigente Servizio Affari Legali, n. 1781 del 3.8.2011 e decreto del Sindaco 161 del 9.8.2011

RESISTENTE

Oggetto Impiego pubblico privatizzato. Personale addetto ai servizi socio-educativi comunali- Richiesta stabilizzazione o in subordine conversione contratti a termine in contratti a tempo indeterminato per illegittimità dell’apposizione del termine e conseguenze.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

  1. con ricorso, depositato il 3.2.2011, M.M.G ha esposto:
  • di avere iniziato dal 29.4.2002 a prestare attività lavorativa continuativa alle dipendenze del Comune di Pistoia, senza mai sottoscrivere contratti a termine, come addetta ai servizi socio educativi:
  • di essere stata assunta per prestazioni di durata di uno/quattro giorni o undici giorni nell’arco temporale compreso tra i 1.10.2007 e il 7.12.2007;
  • di essere rimasta in stato interessante nel 2005 e di avere usufruito del periodo di astensione anticipata dal lavoro;
  • che nelle buste paga consegnate alla ricorrente dal Comune di Pistoia dal mese di agosto 2005 al mese di maggio 2006 era riconosciuto il compenso per indennità di maternità e che la durata di assunzione in esse indicata era quella del 27.7.2005;
  • di avere partorito in data 30.1.2006 e di avere ripreso il lavoro con le modalità sopradette in data 29.8.2006;
  • di avere, in data 7.11.2007, presentato domanda per la stabilizzazione ai sensi dell’art 1 comma 558 della legge 296/2006 e della successiva convenzione stipulata tra l’Amministrazione e le OO.SS in data 22.5.2007;
  • che il Comune di Pistoia non provvedeva ad inserirla in graduatoria per mancanza dei requisiti previsti dal bando;
  • di avere presentato in data 20.5.2008 una seconda domanda per la stabilizzazione, non accolta perché “ non in servizio alla data dell’1.1.2007”.

Ciò premesso, ha agito nei confronti dell’anzidetto Comune:

  • per sentire accertare: – in via principale- la violazione della normativa antidiscriminatoria di genere nell’escludere i periodi di maternità nel computo del periodo utile al fine di ottenere la stabilizzazione, con la conseguente sua assunzione nel profilo di addetta ai servizi socio-educativi e con condanna dell’amministrazione comunale al risarcimento del danno subito per la discriminazione di genere patita;
  • in denegata ipotesi – l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 29.4.2002 nelle stesse mansioni svolte durante la vigenza dei rapporti a tempo determinato con la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno per l’abuso del lavoro a termine per tutti i periodi di non copertura contrattuale, oltre alla regolarizzazione della posizione assicurativa e contributiva ed oltre interessi e rivalutazione monetaria;
  • in ipotesi gradata – il risarcimento del danni in suo favore ai sensi dell’art. 36, comma 6, del Dlgs n. 165 del 2001, in misura non soltanto proporzionata, ma anche sufficientemente reale, effettiva e dissuasiva.

II Il comune nel costituirsi ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario per la domanda di stabilizzazione e nel merito ha contestato la domanda della ricorrente sostenendo la conformità del conferimento degli incarichi alla ricorrente alla normativa di settore, che consentiva di fronteggiare le situazioni di emergenza assumendo direttamente senza procedura di avviamento alla selezione.

III. Istruita documentalmente, all’esito la causa è stata decisa all’udienza 7.06.2016 con lettura del dispositivo, contenente termine di sessanta giorni per la stesura e il deposito della motivazione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

  1. Il Comune resistente ha eccepito, come già detto, il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in relazione alla richiesta di stabilizzazione.

Tale eccezione è infondata alla stregua della consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite (v. fra le altre Cass. S.U n. 16041 del 2010, Cass. S.U n. 1778 del 2011, Cass. S.U n. 24904 del 2011, Cass. S. U n. 2568 del 2011, Cass. S.U. n. 6076 del 2013 e 2399 del 2014) secondo le quali “Le amministrazioni, con riguardo al personale da stabilizzare che ha già sostenuto procedure selettive di tipo concorsuale, non bandiscono concorsi, ma devono limitarsi a dare avviso della procedura di stabilizzazione e della possibilità degli interessati di presentare domanda; in tal caso la regolamentazione legislativa, sottraendo le procedure di “stabilizzazione”all’ambito di quelle concorsuali di cui al D.Lgs n. 165 del 2001, art 63, comma 4, nonché alle ipotesi nominate di poteri autoritativi nell’ambito di lavoro pubblico ( D. Lgs n. 165 del 2001, art. 2, comma1), colloca le controversie inerenti a tale procedure nell’aera del “diritto all’assunzione di cui all’art 63, comma1, con conseguente appartenenza della giurisdizione al giudice ordinario; diversamente, ove il personale non abbia già superato prove concorsuali, e il numero dei posti oggetto della stabilizzazione sia inferiore a qello dei soggetti aventi i requisiti, l’amministrazione può fare ricorso ad una selezione onde individuare il personale da assumere ed in tal caso le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo”.

Nella specie, come emerge chiaramente dal ricorso introduttivo e dalla documentazione di causa, la ricorrente è stata chiamata dal Comune per le supplenze previa pubblicazione di un bando e successiva formulazione di una graduatoria con cadenza più o meno triennale, dalla quale graduatoria l’ente ha attinto effettuando pertanto una selezione da assimilare ad pubblico concorso. Nella successiva procedura di stabilizzazione l’amministrazione non ha effettuato prove selettive.

Coerentemente con i principi suesposti deve nel caso di specie affermarsi la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di stabilizzazione, in quanto presentata da una dipendente precaria già “assunta” mediante procedure selettive di natura concorsuale “, sulla base dei requisiti previsti.

  1. Nel merito la domanda proposta per ottenere la stabilizzazione nei ruoli del personale a tempo indeterminato è fondata e deve essere accolta per i motivi di seguito esposti.

In via preliminare giova ripercorrere la disciplina che ha consentito le procedure di stabilizzazione del pubblico impiego.

A tal proposito l’art 1 comma 558 della legge 296/2006 ha previsto che “A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge . Alle iniziative di stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse si provvede previo espletamento di prove selettive.”

L’amministrazione comunale ha, poi, siglato in data 22..5.2007 un accordo sindacale nel quale sono stati precisati i requisiti di accesso alla procedura di stabilizzazione, vale a dire l’essere in servizio come personale precario di qualifica non dirigenziale alla data dell’1.1.2007 a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi o l’aver conseguito tale requisito in virtù dei contratti stipulati anteriormente alla data del 29.9.2006 o l’essere stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria.

Così delineato il quadro normativo contrattuale, si osserva che la ricorrente, la quale ha presentato due domande di stabilizzazione, la prima in data 7.11.2007, e la seconda in data 20.5.2008, era in possesso, sin dalla prima istanza, dei requisiti per accedere alla procedura di stabilizzazione anzidetta, avendo maturato nel quinquennio 202/2007 almeno 810 giorni di servizio grazie al computo del periodo di interdizione anticipata per maternità e di congedo obbligatorio per maternità.

Sostiene il Comune che il periodo di servizio effettivo, alla data dell’1.1.2007, era di soli 646 giorni, dovendosi escludere dal computo i periodo di maternità valevoli ai soli fini del riconoscimento della relativa indennità economica.

Lo stesso Comune rileva che il periodo successivo al 24.6.2006 non può essere computato nell’anzianità di servizio necessaria per accedere alla graduatoria di stabilizzazione, in quanto il rapporto a termine non può subire proroghe stante il disposto di cui all’art. 54, co. 2 lett c), D.Lgs 151/2001 ( a norma del quale “ il divieto di licenziamento non si applica, per la lavoratrice in gravidanza e fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro previsti dal Capo III, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino, nel caso di ultimazione della prestazione per la quale la lavoratrice è stata assunta o di risoluzione del rapporto di lavoro per la scadenza del termine.”)

Il significato della norma – continua il Comune – è chiaro nell’escludere che il rapporto di lavoro a termine possa subire una proroga nel caso in cui la lavoratrice entri in maternità prima della scadenza o immediatamente dopo di essa.

L’assunto non è condivisibile per diversi ordini di ragioni:

  1. in primo luogo l’art 22 del medesimo decreto legislativo prevede che il periodo di maternità è computato a tutti gli effetti nell’anzianità, tanto è che alla ricorrente è stata riconosciuta la relativa indennità per essersi lo stato di gravidanza verificato quando era ancora in servizio ( fatto pacifico in quanto non contestato dal Comune e risultante dalla documentazione, in particolare documento 14 risposta 8.7.2009)
  2. in secondo luogo occorre considerare l’evoluzione normativa sia comunitaria che nazionale che si è avuta in materia di tutela della maternità. In particolare l’art 25 del D. Lgs 198/2006 così recita: Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi atto, patto o comportamento che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
  3. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purche’ l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

2 bis. Costituisce discriminazione, ai sensi del presernte titolo, ogni trattamento favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti.

L’art. 25 predetto, in particolare il comma 2 bis, nel vietare ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, impone una rilettura della norma, peraltro antecedente, contenuta nell’art 54 che si armonizzi con i principi espressi dal legislatore nazionale del 2006 a tutela della maternità ed in conformità ai principi enunciati dall’art 15 della Direttiva comunitaria 54/2006.

Oggetto dei divieti di discriminazione non sono solo le leggi e gli atti negoziali, illegittimi per il solo fatto che in essi si concreti l’applicazione di criteri di differenzazione vietati, ma anche i meri comportamenti ispirati a tali criteri, nei quali si configura al tempo stesso un inadempimento contrattuale ed un illecito aquilano, con conseguente responsabilità risarcitoria del datore nei confronti del prestatore di lavoro discriminato.

Alla luce di tali importanti verifiche lo stato di gravidanza acquista rilevanza e deve essere valorizzato anche in termini di anzianità quando si verifichi in corso di rapporto lavorativo sia esso a termine che a tempo indeterminato.

Nella fattispecie in esame la lavoratrice è rimasta in stato interessante in caso di rapporto lavorativo e pertanto il relativo periodo deve essere considerato e conteggiato secondo le comuni regole valevoli in materia di rapporti a tempo indeterminato.

  1. In terzo luogo, anche a voler ritenere applicabile l’esclusione dal divieto di licenziamento di cui all’art 54, nessun termine era stato previsto per iscritto nella fattispecie in esame con la conseguenza che, in detta ipotesi, non sussistono i presupposti per ritenere estinto il rapporto da intendersi prorogato ( vedasi Cass 22.6.2009 n. 14583).
  1. sulla base delle esposte argomentazioni e del complesso ed articolato contesto normativo, come in precedenza ricostruito, può, in accoglimento del ricorso, riscontrarsi l’avvenuta violazione della normativa antidscriminatoria di genere nel computo dei giorni di servizio prestati dalla lavoratrice con conseguente suo illegittimo mancato inserimento nella graduatoria relativa alla selezione pubblica per la stabilizzazione del personale ai sensi dell art 1, comma 558, della legge 296/2006, indetta in data 22.06.2007. Pertanto il Comune di Pistoia va condannato all’assunzione di M M G nel profilo di addetta ai servizi socio educativi, possedendo la stessa i requisiti per la stabilizzazione sin dalla data della prima domanda all’uopo presentata.
  2. per quanto riguarda il danno subito dalla MMG per la discriminazione di genere patita, esso va determinato nella misura di euro 10.000,00, oltre interessi di legge dalla domanda giudiziale fino all’effettivo saldo, e ciò in via equitativa in relazione alla condotta discriminatoria protrattasi nel tempo, all’intensità del disagio legato a tale condotta e al pregiudizio subito per la mancata possibilità di accedere tempestivamente alla procedura di stabilizzazione.

Lo stesso comune sarà tenuto alla ricostituzione della posizione assicurativa e previdenziale a far data dal momento in cui la stessa ha maturato in diritto alla stabilizzazione, così come accertati nel presente giudizio.

Le spese di lite seguono il dispositivo.

P.Q.M

Il giudice, definitivamente pronunciando sul ricorso RG 129/2011, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

  • in accoglimento del ricorso, accerta la violazione della normativa antidiscriminatoria di genere nel computo dei giorni di servizio prestati dalla lavoratrice con conseguente suo illegittimo mancato inserimento nella graduatoria relativa alla selezione pubblica per la stabilizzazione del personale ai sensi dell’art. 1, comma 558, della legge 296/2006, indetta in data 22.05.2007 e per l’effetto condanna il Comune di Pistoia, in persona del Sindaco pro tempore, all’assunzione di M.M.G nel profilo di addetta ai servizi socio-educativi, possedendo la stessa i requisiti per la stabilizzazione sin dalla data della prima domanda all’uopo presentata;
  • condanna altresì il comune di Pistoia al risarcimento del danno subito da M.M.G per la discriminazione di genere patita nella misura di euro 10.000,00, oltre interessi di legge dalla domanda giudiziale fino all’effettivo saldo;
  • dispone che i Comune provveda alla ricostituzione della posizione assicurativa e previdenziale della ricorrente a far data dal momento in cui la stessa ha maturato il diritto alla stabilizzazione, così come acclarato nel presente giudizio;
  • condanna il Comune al pagamento in favore delle ricorrente delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 2.940,00 per compenso, oltre IVA, CPA, e sese generali;

Fissa per la stesura e il deposito della motivazione termine di sessanta giorni.

Così deciso in Pistoia il 7 giugno 2016.